Puigdemont ricorre alla Corte Costituzionale affinché sospenda il suo mandato di arresto.

L'ex presidente della Generalitat (governo della Catalogna), Carles Puigdemont, ha presentato ricorso di protezione alla Corte Costituzionale (CC), chiedendo che venga concessa l'amnistia negata dalla Corte Suprema e, a titolo precauzionale, che venga sospeso il mandato di cattura nazionale ancora in vigore per il "procés".
Nel suo ricorso, Gonzalo Boye, avvocato dell'ex presidente catalano, chiede alla Corte costituzionale di sospendere il mandato di arresto, concludendo che esso "non è supportato da una condanna definitiva", in un contesto in cui il legislatore "ha espresso la sua volontà di estinguere la responsabilità penale dell'ex presidente attraverso una legge organica la cui costituzionalità è già stata confermata".
Avendo richiesto misure cautelari urgenti, che sono più urgenti e non richiedono una relazione del pubblico ministero, i giudici – che terranno la loro ultima sessione plenaria la prossima settimana – dovranno rispondere alla richiesta più rapidamente. In caso di rigetto, la richiesta verrà trattata in via cautelare, dopo aver ascoltato le parti.
Per Puigdemont, la sospensione del mandato d'arresto non solo "non lede gli interessi costituzionali di terzi né viola gravemente alcun diritto legale tutelato", ma "preserva anche l'equilibrio istituzionale, l'effettiva tutela giudiziaria, la presunzione di innocenza e la partecipazione democratica".
"Ordinanza costituzionalmente inammissibile"Dopo aver definito il mandato d'arresto "costituzionalmente inammissibile", il ricorso ne chiede la sospensione a titolo precauzionale e, in via sussidiaria, a titolo precauzionale, per evitare "che un rappresentante eletto venga privato della sua libertà in un contesto di giudiziarizzazione del conflitto politico catalano".
A tal proposito, il ricorso ricorda che la Corte Costituzionale si è recentemente pronunciata in piena conformità costituzionale con la Legge sull'Amnistia, la cui mancata applicazione ha dato origine al ricorso per protezione. Pertanto, la sospensione del mandato d'arresto "rafforza, anziché indebolire, il principio di certezza del diritto e il normale funzionamento delle istituzioni".
«La giudiziarizzazione dell'azione politica, quando diventa uno strumento per impedire l'accesso o il mantenimento di una carica pubblica attraverso meccanismi procedurali senza una condanna definitiva, costituisce una minaccia sistemica alla democrazia costituzionale», ritiene Gonzalo Boye.
Per questo motivo, sostiene che la misura cautelare richiesta nel suo ricorso «non è solo una garanzia procedurale, ma un'esigenza costituzionale legata alla difesa del modello di democrazia parlamentare sancito dalla Costituzione».
"Resistenza giudiziaria della Corte Suprema"Per la difesa dell'ex presidente, il rifiuto di concedere l'amnistia per l'accusa di appropriazione indebita attribuita a Puigdemont rivela "una strategia di resistenza giudiziaria" alla legge da parte della Corte Suprema, che viola i principi di separazione dei poteri e dello stato di diritto.
Un'interpretazione che, a suo avviso, "è priva di qualsiasi fondamento nel testo normativo" e "contraddice l'espressa volontà del legislatore", in "palese violazione del principio di legalità penale e del principio di certezza del diritto".
Secondo Boye, questa interpretazione della Corte Suprema, "al di fuori della legge", lede il diritto di Puigdemont alla libertà personale, compreso il diritto alla libera circolazione in tutta l'Unione Europea, nonché il suo diritto all'uguaglianza davanti alla legge, "a causa del trattamento disparato che riceve rispetto ad altri perseguiti per reati simili".
Per l'avvocato, "la somma di queste violazioni rivela una strategia di resistenza giudiziaria all'applicazione effettiva della legge sull'amnistia", che costituisce "un'ingerenza illegittima della magistratura nella sfera di competenza del potere legislativo, violando il principio di separazione dei poteri che regola il nostro ordinamento costituzionale".
Di fronte a questo "abuso sistematico e abusivo della giurisdizione", Boye chiede una "risposta chiara, ferma e riparatrice" da parte della Corte costituzionale, in quanto "interprete suprema dei diritti fondamentali".
Expansion