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Il lungo addio di Carrefour: “Italia complicata”

Il lungo addio di Carrefour: “Italia complicata”

MILANO – Gli indizi di un addio ci sono tutti, anche se per il momento restano tali. L’ultima raffica di esuberi di Carrefour, 175 quelli decisi per la sede centrale di Milano, è arrivata mentre da settimane si rincorrono indiscrezioni, mai smentite dalla società, di un disimpegno del gruppo francese dall’Italia.

Quel che è certo è che il colosso della Gdo non riesce ormai a rendere profittevole il proprio business in Italia: 93,5 milioni di perdita lo scorso anno, 129 nel 2023, 115 nel 2022. E per questo ha da tempo avviato un processo di conversione dei punti vendita di proprietà in attività in franchising. Secondo i dati del bilancio 2024, su 1185 punti vendita solo 211 sono di proprietà del gruppo mentre gli oltre 900 restanti sono legati al marchio con accordi di franchising. Che però, stando sempre ai dati del bilancio, assicurano 365 milioni di euro, un decimo del fatturato totale della società. Le indiscrezioni che si sono susseguite nelle ultime settimane e che l’azienda, interpellata da Repubblica, non commenta suggeriscono qualcosa di più. Il gruppo starebbe valutando la cessione delle sue attività in Italia agli altri grandi player del settore, con Lidl, Esselunga e Conad tra i potenziali acquirenti.

L’azienda non si sbilancia, ma nel comunicato con cui ha annunciato gli esuberi non ha nascosto le difficoltà che sta incontrando nel nostro Paese. “La decisione è strettamente connessa alla complessità delle condizioni del mercato italiano, all’interno del quale il settore della Gdo si contraddistingue per una competizione intensa e frammentata, a fronte di un potere d’acquisto in diminuzione e una costante pressione sui margini, determinata da costi energetici, di logistica e aumento dei tassi di interesse”, ha detto.

Il settore fronteggia da anni una competizione interna sempre più agguerrita da parte dei discount. Secondo i dati raccolti dall’ultimo report dell’Area Studi di Mediobanca sulla Grande distribuzione, i secondi mantengono sui primi tassi di crescita annui di fatturato più sostenuti (+9,2% nel 2023 contro il +7,3%), ma vantano sempre marginalità più alte e quindi in proporzione guadagnano di più.

La Repubblica

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