L’Ue non accetta il ricatto di Trump per i dazi al 15%

Negli ultimi giorni il confronto commerciale tra Unione europea e Stati Uniti non ha mai trovato pace, con l’entrata in vigore delle tariffe al 15% che sta ridisegnando gli equilibri tra le due sponde dell’Atlantico.
Mentre la Casa Bianca rivendica i risultati economici della misura, Bruxelles cerca di mantenere la rotta in un quadro fatto di trattative ancora aperte, minacce di nuove ritorsioni e mercati in allarme.
La vera data di inizio dei daziIl 7 agosto è stato il giorno in cui i dazi al 15% sono diventati realtà, ma la loro applicazione non è ancora del tutto chiara. Inizialmente a Bruxelles si pensava che la misura sarebbe scattata l’8 agosto, finché un post notturno di Trump non ha chiarito la decisione americana.
Le nuove tariffe non sono uguali per tutti: si va dal 50% imposto al Brasile al 10% riservato al Regno Unito, con l’Ue in posizione intermedia al 15%.
Molti punti restano da definire, soprattutto sulle possibili esenzioni. Nel frattempo, le contromisure sospese il 5 agosto restano pronte a essere riattivate se necessario.
Ue ferma sui dazi: “Valgono anche per i semiconduttori”Più che un accordo sui dazi è stata una vera e propria imposizione, frutto di mesi e poi di settimane di continui incontri conditi da botta e risposta via social. La tensione commerciale tra Unione europea e Stati Uniti resta alta quindi, nonostante l’accordo su un’aliquota del 15%.
Ma ora non è ancora tempo per rilassarsi. L’ultima minaccia arrivata dalla Casa Bianca riguarda tariffe fino al 100% sui semiconduttori, una prospettiva che ha irritato non poco la squadra di Ursula Von Der Leyen.
Dall’esecutivo comunitario però è arrivata la precisazione: “L’intesa al 15% per noi vale anche per farmaci e chip”.
Trump sui nuovi dazi: “Miliardi agli Usa”Dall’altra parte dell’atlantico, il presidente Donald Trump ha accolto con toni trionfalistici l’entrata in vigore delle nuove tariffe, sostenendo che porteranno
miliardi di dollari, in gran parte da paesi che hanno approfittato degli Stati Uniti per molti anni, ridendosela in ogni modo, che cominceranno ad affluire negli Usa.
Alla Commissione, però, non sfugge la necessità di chiarire ogni aspetto: “Siamo stati molto chiari sugli impegni presi e su quelli che non sono stati presi”, ha sottolineato Olof Gill, ricordando che i dati sulle forniture energetiche e sugli investimenti europei in America sono stime sulle intenzioni delle imprese e non obblighi contrattuali.
Chi colpiscono i dazi sull’oroOltre ai dazi sui prodotti industriali, Washington ha deciso di colpire anche il settore dei metalli preziosi, imponendo una tassa sui lingotti d’oro da un chilo. È il formato più comune negli scambi del Comex, la principale piazza mondiale per i futures sull’oro, e costituisce la parte più consistente delle esportazioni svizzere verso gli Stati Uniti.
Come riporta il Financial Times, la misura ha un impatto diretto sulla Svizzera, leader globale nella raffinazione dell’oro, già segnata da un dazio del 39% introdotto in precedenza dall’amministrazione Trump.
Christoph Wild, presidente dell’Associazione svizzera dei produttori e commercianti di metalli preziosi, ha spiegato che queste nuove tariffe rischiano di rendere più complicato soddisfare la domanda americana di oro lavorato.
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