Polonia, Austria, Belgio: rotte alternative per l’export italiano

L’analisi dei dati come strumento a disposizione delle aziende per elaborare e promuovere strategie di crescita, nello specifico, strategie di export e internazionalizzazione in grado di attutire l’impatto dei dazi annunciati dagli Stati Uniti, in caso di una loro effettiva applicazione.
Con questa logica SevenData - martech company specializzata nell’erogazione di dati e servizi per lo sviluppo del business e la prevenzione dei rischi di credito - ha elaborato il Report «Focus Export», da cui emergono la rilevanza e la forza che l’Europa ancora rappresenta per le imprese italiane, nonostante i tanti problemi che la affligono e nonostante l’emergere di nuovi mercati che, senza dubbio, dovranno continuare a essere al centro dell’attenzione del made in Italy.
Il Report è un primo step di un più ampio lavoro che SevenData intende realizzare, aggiungendo l’analisi delle ricerche di fornitori, da parte delle pmi, sulla piattaforma Kompass di proprietà dell’azienda, per completare il quadro di elaborazione statistica anche con l’analisi delle effettive azioni intraprese dalle aziende, sempre in una logica «data driven».
«Rileviamo una crescente regionalizzazione delle catene di fornitura - spiega infatti Fabrizio Vigo, fondatore e ceo di SevenData - e la crescita di Paesi dell’Europa centrale e orientale, come la Polonia, l’Austria e il Belgio». L’analisi è partita prendendo in esame i primi 15 Paesi di destinazione dell’export italiano nel 2024 e il loro andamento nel periodo 2019-2024, un quinquennio nel quale le esportazioni di made in Italy sono aumentate a ritmo medio annuo del 5,3%, raggiungendo un valore che ha sfiorato i 624 miliardi di euro.
Primo mercato si conferma, nonostante le note difficoltà, la Germania, con un valore di quasi 71 miliardi di euro (l’11,4% del totale export), ma con una crescita composta (cagr) del 3,9%, inferiore dunque alla media complessiva. Al secondo posto si trovano gli Stati Uniti, con 64,7 miliardi di euro (il 10,3% del totale) e un cagr del 7,3%. «Questi dati rendono evidente il peso degli Stati Uniti per l’export italiano e dunque il danno che avrebbe un’eventuale entrata in vigore dei dazi», osserva Vigo. In particolare, i settori più esposti (meccanica, farmaceutica, alimentare, trasporti) vedrebbero un impatto diretto sui volumi e sui margini.
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