A Gaza tregua di sangue targata Trump: nella Striscia non c’è più spazio per seppellire i corpi

La pace non arriva, la morte sì
Nella Striscia, in 5 settimane, 600 persone sono state uccise mentre attendevano gli aiuti. La carneficina continua, nonostante gli annunci di cessate il fuoco. E Israele ora punta alla Cisgiordania

A pochi giorni dall’incontro di lunedì con il premier Benjamin Netanyahu a Washington per “celebrare la vittoria contro l’Iran”, Donald Trump annuncia che Israele ha accettato le condizioni per un cessate il fuoco a Gaza e, soprattutto, avverte Hamas che se non darà il suo ok, la situazione peggiorerà. Nella prima dichiarazione ufficiale sulla tregua di 60 giorni, Hamas afferma: “I fratelli mediatori stanno compiendo intensi sforzi per colmare le divergenze tra le parti e raggiungere un accordo quadro che consenta l’apertura di un serio ciclo di negoziati. Stiamo affrontando la situazione con grande responsabilità, conducendo consultazioni nazionali e discutendo le proposte che ci sono state presentate, con l’obiettivo di giungere a un accordo che garantisca la fine dell’aggressione, il ritiro delle forze e l’assistenza umanitaria d’emergenza al nostro popolo nella Striscia di Gaza”.
Hamas ha aggiunto di essere disposta a liberare i restanti 50 ostaggi, meno della metà dei quali sarebbero ancora in vita, in cambio del ritiro completo di Israele da Gaza e della fine della guerra. In sostanza, confermano al quotidiano saudita Al-Sharq Al- Awsat fonti arabe vicine ad Hamas, le questioni principali dei negoziati non ruotano più intorno al numero di ostaggi o alle fasi, ma piuttosto alle condizioni per un accordo sullo status permanente, ovvero la fine della guerra. “Ve lo dico chiaramente: Hamas non esisterà più. Non ci sarà un Hamastan. Non si torna indietro. Ora è finita. Libereremo tutti i nostri ostaggi. Come faccio a dirlo? Sono due obiettivi contrapposti: sciocchezze. Funziona tutto insieme. Li elimineremo completamente”. Così Netanyahu, come riferisce il suo ufficio. «Le opportunità davanti a noi sono enormi. Non le sprecheremo. Abbiamo un’enorme opportunità: sconfiggere i nostri nemici e garantire il nostro futuro…connetteremo l’Asia e il Medio Oriente, compresa la Penisola Arabica, le sue immense risorse energetiche, all’Occidente. Succederà», ha aggiunto.
Intanto a Gaza si continua a morire. Marwan Sultan, direttore dell’ospedale indonesiano a Gaza, è stato ucciso in un attacco israeliano a ovest di Gaza City. A riferirlo è al-Jazeera citando una fonte dell’ospedale Al-Shifa. L’attacco è avvenuto in un edificio residenziale a sud-ovest di Gaza City. Sultan era una fonte chiave di informazioni da Gaza, in quanto riferiva sulle condizioni dei palestinesi nel nord dell’enclave assediata. Aveva ripetutamente chiesto alla comunità internazionale di fare pressione per la sicurezza delle équipe mediche, anche quando l’esercito israeliano aveva assediato o attaccato l’ospedale. Nelle prime ore dell’alba, 40 palestinesi sono stati uccisi negli attacchi israeliani sulla Striscia di Gaza. Lo riferisce il ministero della Sanità di Gaza. Secondo fonti ospedaliere, fra i morti ci sono 4 bambini e 7 donne. Poche ore dopo, altra strage. Almeno 17 persone, la maggior parte donne e bambini, sono state uccise in un raid israeliano su un edificio nel quartiere di Zeitoun, nella parte meridionale di Gaza City. Lo ha riferito al-Jazeera, precisando che nell’edificio colpito si trovavano «sfollati». Secondo l’emittente qatarina, oltre 600 palestinesi sono stati uccisi in cinque settimane mentre aspettavano di ricevere i pacchi alimentari presso i siti della Gaza Humanitarian Foundation (Ghf).
In un’inchiesta del quotidiano israeliano Haaretz di venerdì 27 giugno, alcuni militari delle Idf operativi a Gaza hanno dichiarato che nell’ultimo mese l’esercito ha sparato deliberatamente contro i palestinesi nei pressi dei siti di distribuzione degli aiuti. Secondo il quotidiano, i comandanti avrebbero ordinato alle truppe di sparare sulla folla per allontanarla o disperderla, nonostante fosse chiaro che non rappresentava alcuna minaccia. Uno dei militari citato da Haaretz ha descritto la situazione come un «crollo totale dei codici etici delle Forze di difesa israeliane a Gaza». L’ospedale Nasser di Khan Yunis, nel sud di Gaza, ha annunciato di non poter più seppellire i defunti nella sua area poiché lo spazio a disposizione è esaurito. “I cimiteri non sono più in grado di contenere il numero di morti”, ha dichiarato il Nasser in un comunicato, informando i cittadini della Striscia. Fonti dell’enclave hanno riferito a Ynet che mentre i principali cimiteri di Khan Yunis sono pieni, a Rafah il coprifuoco quasi totale per i combattimenti tra l’Idf e Hamas impedisce le sepolture nei cimiteri della regione meridionale di Gaza. Il ministero del Waqf, la sede centrale dei media e dell’università islamica di Gaza City, ha lanciato l’allarme per una “grave crisi delle sepolture”: nella Striscia ci sono 60 cimiteri, ma 22 sono stati completamente distrutti e 18 sono stati gravemente danneggiati.
“I residenti sono costretti a seppellire i propri defunti in fosse comuni in ospedali, scuole, parchi pubblici e per strada. Il divieto di ingresso di materiali da costruzione ha portato i cittadini di Gaza a utilizzare i cassonetti per la sepoltura. Stiamo cercando terreni alternativi che consentano sepolture temporanee e sicure”, ha detto il ministero. Gli abitanti di Gaza cercano di improvvisare e c’è chi approfitta della situazione, raccontano dall’enclave: alcuni vendono le tombe a circa 700 shekel (176 euro), una cifra che la popolazione non è in grado di pagare. In questo scenario disastrato, il ministro della Giustizia israeliano Yariv Levin ha affermato che è giunto il momento di annettere la Cisgiordania durante un incontro con il leader dei coloni Yossi Dagan.
“Penso che questo periodo sia un momento di opportunità storica che non dobbiamo perdere”, ha detto riferendosi all’annessione del territorio conteso. “È giunto il momento della sovranità, il momento di applicare la sovranità. La mia posizione su questo tema è ferma, è chiara”, le parole di Levin a Dagan, come riporta l’ufficio di Dagan e un video diffuso da Levin. Il ministro ha affermato che la questione deve essere “in cima alla lista delle priorità”. Il ministro della Sicurezza nazionale israeliano, Itamar Ben- Gvir, stando ai media di Tel Aviv, avrebbe contattato il ministro delle Finanze, Bezalel Smotrich, per formare un blocco unito all’interno del governo contro l’accordo per una tregua nella Striscia di Gaza promosso dall’amministrazione statunitense. Ecco chi governa oggi Israele.
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