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La Russia conquista l’intera regione di Lugansk: inizia la fase finale per Kiev ed Odessa?

La Russia conquista l’intera regione di Lugansk: inizia la fase finale per Kiev ed Odessa?

La Russia ha completamente liberato le regioni di Lugansk ed è prossima a liberare l’intera regione del Donbass dalla presenza ucraina. Un obiettivo strategico perseguito con costanza fin dall’inizio del conflitto, che ora consente a Mosca di guardare oltre: secondo analisti come il Col McGregor, ex consigliere di Trump, il prossimo passo è l’attraversamento del Dnepr, la presa di Kiev e, in prospettiva, il controllo di Odessa.L’operazione si configura come la fase finale di una guerra condotta con lentezza e metodo, secondo una logica di logoramento e avanzamento progressivo.

Se il governo ucraino continuerà nella sua indecisione, illudendosi di poter trarre vantaggio dal prolungamento del conflitto, il rischio concreto è che la Russia prosegua giorno dopo giorno nell’eliminazione sistematica di quella che considera una minaccia. Dopo tante perdite umane e materiali, fermarsi senza garanzie di sicurezza e senza una cessazione del conflitto chiara e duratura non appare più concepibile per Mosca.

Attraversare il Dnepr: un azzardo tattico ad alto rischio

Completata la liberazione delle regioni passate a Mosca c’è quindi l’ostacolo naturale del grande fiume Dniepr. Il Dnepr rappresenta uno snodo militare di portata storica. Fiumi così vasti hanno sempre costituito ostacoli notevoli nelle guerre moderne, sia in termini logistici che tattici — come già dimostrato nelle campagne del 2023 e nelle offensive sovietiche nel secondo dopoguerra (CSIS, Odessa Journal, Wikipedia).

Oggi, le forze russe stanno tentando di creare una testa di ponte sulla riva destra, partendo da posizioni nel Dnipropetrovsk meridionale. L’operazione potrebbe aprire due direttrici:

  • verso Kiev, a nord-ovest;

  • verso Odessa, a sud-ovest, attraverso il consolidamento del controllo sul Mar Nero.

La presenza del battaglione ceceno “Yakmot” e di unità russe specializzate in droni, accompagnate da liste di rappresaglia contro membri del battaglione Azov, segnala che la Russia intende imprimere un’accelerazione brutale e simbolica alla sua avanzata.

Perché adesso? Le ragioni geopolitiche del tempismo

L’iniziativa russa arriva in un momento chiave e mira a:

  • rafforzare la propria posizione prima di eventuali negoziati autunnali;

  • forzare Kiev a rinunciare a parte delle proprie rivendicazioni territoriali;

  • comprimere la capacità difensiva ucraina e logorare il fronte politico occidentale.

In altre parole, Mosca cerca di negoziare da una posizione di forza, costringendo gli attori internazionali a riconoscere sul campo ciò che non si è voluto accettare diplomaticamente.

I rischi per Mosca: una manovra ad altissima esposizione

Attraversare il Dnepr resta comunque una scommessa ad alto rischio:

  • le forze russe sono esposte al fuoco concentrato di artiglieria e droni;

  • l’Ucraina ha già inflitto perdite pesanti in zone come Chasiv Yar e Sumy;

  • gli Stati Uniti hanno sospeso la fornitura di alcuni sistemi Patriot e GMLRS, sollevando critiche interne e lasciando intravedere una finestra d’opportunità per Mosca (Reuters).

Nel frattempo, Kiev potrebbe tentare una controffensiva su altri fronti, come Kharkiv o Sumy, per alleggerire la pressione sull’asse del Dnepr.

Trump cambia rotta: priorità al Medio Oriente, fine della guerra in Ucraina

Sul fronte occidentale, la nuova amministrazione Trump sta delineando un cambio di strategia radicale.

Già nella sua prima presidenza, Trump aveva evitato lo scontro diretto con la Russia, considerandola un interlocutore più che un nemico. Ora, la linea è ancora più chiara: chiudere il fronte ucraino per concentrare le energie sugli scenari più critici per gli interessi statunitensi — il Medio Oriente e il contenimento della Cina.

Secondo fonti vicine alla Casa Bianca e dichiarazioni pubbliche (Newsmax, 26 giugno), Trump punta a:

  • limitare le forniture militari all’Ucraina, rinegoziando gli aiuti già approvati;

  • riorganizzare la catena decisionale militare, sottraendola all’influenza di Congresso e lobby neocon;

  • proporre un cessate il fuoco temporaneo, che salvi la faccia a Zelensky e riconosca de facto i territori sotto controllo russo.

Il Congresso contro la presidenza: la frattura interna USA

Il problema di Trump non è solo geopolitico, ma interno:

  • Il Pentagono ha bloccato l’invio di alcune munizioni per carenze negli stock interni (Politico);

  • Trump ha sostenuto la decisione, vista come “pragmatica” e necessaria;

  • ma i leader del Congresso (come McConnell e Schumer) l’hanno definita “un favore a Putin”.

Questa tensione riflette una spaccatura profonda nel potere statunitense: da una parte la presidenza, che vuole uscire dal pantano ucraino; dall’altra l’apparato permanente della sicurezza nazionale, che ha interessi radicati nella prosecuzione del conflitto.

Medio Oriente: il nuovo fronte della politica estera USA

Nel frattempo, l’attenzione si sposta rapidamente sul Medio Oriente. Due settimane fa, un attacco iraniano contro Israele ha mostrato che Teheran dispone di capacità missilistiche ben superiori alle attese.Trump ha reagito con moderazione: un contrattacco limitato, evitando un’escalation.

Israele, e non l’Iran, ha chiesto il cessate il fuoco — segnale della fragilità militare e finanziaria di Tel Aviv in caso di guerra prolungata.

Da questa posizione, Trump ha rilanciato una diplomazia attiva con Arabia Saudita, Egitto e Giordania, cercando un equilibrio regionale che isoli l’Iran senza nuove guerre dirette.

Una dottrina “selettiva”, non isolazionista

La visione strategica di Trump è stata spesso etichettata come isolazionista. In realtà, è selettiva:

  • disimpegno dall’Ucraina, definita un progetto fallimentare della NATO;

  • concentrazione sul Medio Oriente, vero teatro della sfida globale futura.

Ma il problema è strutturale: CIA, CENTCOM, think tank e complesso militare-industriale operano spesso come “contropotere”, mantenendo attive strategie multilivello di destabilizzazione e ingerenza per finalità economiche e geopolitiche.

Conclusione: la fine di una guerra per evitarne un’altra

Trump cerca di chiudere il fronte ucraino prima che diventi irreversibile — e di contenere l’esplosione mediorientale prima che coinvolga l’intero sistema globale.

  • Mosca gioca la carta finale: prendere Kiev e Odessa per forzare la pace.

  • Washington cambia obiettivo: limitare le perdite, salvare Israele e ridefinire le priorità.

Il conflitto in Ucraina rischia di diventare una guerra dimenticata. Ma ciò che si muove oggi sulle rive del Dnepr e nelle sabbie del Medio Oriente ci parla chiaramente: il vecchio ordine mondiale sta cedendo, e il nuovo si costruirà non sulla retorica, ma sulle rovine della geopolitica.

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