TRAGEDIA GAZA/ La nuova guerra di Israele e il buco nero pronto a inghiottire un popolo

Il governo Netanyahu ha deciso l’occupazione di Gaza. Si prepara una catastrofe nella tragedia già in atto. Chiesta per oggi una riunione del Consiglio Onu
Il governo israeliano ha deciso di entrare nel “buco nero”. L’IDF occuperà militarmente la Striscia. La pulsione di morte ha vinto, il deserto umano avanza. Non è bastato l’appello di 600 alti gradi della sicurezza. Non è stata sufficiente la protesta dei familiari degli ostaggi. È stata ignorata, infine, anche la contrarietà del capo di stato maggiore, Eyal Zamir.
La decisione del governo Netanyahu è di una gravità storica impressionante. La situazione dei civili palestinesi, infatti, è già tragica: morti per fame, per bombe, per mancanza di cure sanitarie. Le testimonianze della carestia in atto sono agghiaccianti. E ora una scelta che segna l’inizio di una nuova guerra, una guerra finale nella guerra già tragica.
Lo scenario futuro è inquietante: gravi perdite per l’esercito israeliano, probabile uccisione degli ostaggi, catastrofe definitiva per i civili. “Non c’è risposta umanitaria per 1 milione di sfollati”, ha dichiarato ieri il generale Zamir a proposito della complessa operazione militare.
Il piano prevede infatti l’occupazione di tutta la Striscia con lo sfollamento degli abitanti già stremati da bombardamenti, mancanza di cibo e carenza di acqua. Proviamo a immaginare cosa succederà in un campo di operazioni militari che ha il 70 per cento degli edifici distrutti (1 milione di tende è ancora bloccato ai valichi). Jihadisti annidati tra donne e bambini che sparano contro i soldati israeliani; giovani militari che rispondono a fonti di fuoco non facilmente intercettabili. Azioni di guerra non ortodossa da una parte e dall’altra.

E ancora caos, ingovernabilità e poi avanzamento di centinaia di migliaia di persone verso Sud alla conquista di stretti spazi in cui già vivono, in condizioni penose, altre centinaia di migliaia di persone, anch’esse affamate. Accalcamento, panico, mancanza di igiene, possibili epidemie, dunque morti di civili in modo massiccio.
Il governo israeliano parla di aumentare i centri di distribuzione degli aiuti da 4 a 12: finora sono stati una trappola mortale. Basti guardare a tal proposito la coraggiosa testimonianza di Anthony Aguilar, contractor USA che ha denunciato violenze diffuse e crimini di guerra in prossimità dei centri.
I governanti israeliani, ad ogni modo, dichiarano che dopo lo sfollamento forniranno una cittadella umanitaria – sarà di fatto un campo di concentramento a cielo aperto – al fine di favorire l’evacuazione umanitaria volontaria, in altri termini la deportazione verso altri Stati. Si avvicina, insomma, davvero la tragedia di un popolo, usato dai potenti e colpito dalla violenza della storia.
Siamo arrivati a questo perché Hamas è un’organizzazione omicida/suicida, sostanzialmente disperata, che non ha cuore né la vita degli ostaggi né quella del popolo palestinese. Il governo israeliano, dal canto suo, non si accontenta di avere indebolito fortemente l’internazionale sciita (Iran, Houthi, Siria, Hezbollah), ma vuole sradicare definitivamente il “problema”. Lo fa muovendo da una mentalità ideologica, irrealistica e massimalista.
Il risultato di tali scelte sarà probabilmente l’estirpazione di Hamas, ma al prezzo della morte di un intero popolo. Tale annientamento non sarà però l’effetto collaterale di una scelta, ma una colpa morale grave e deliberata.
Il disastro che si approssima è reso possibile, purtroppo, dalle spinte politiche contrastanti negli USA, anche se JD Vance ha dichiarato il disaccordo dell’amministrazione sull’occupazione della Striscia. I neocon, con la loro assertività mai criticabile, sono ancora forti, a tutti i livelli. Le idee delle lobbies denunciate dal politologo realista John Mearsheimer, infatti, risultano ancora vincenti.
La vendita di armi, inoltre, va forte: la sperimentazione sul campo procede bene. E c’è anche una buona notizia: oltre all’espansione del mercato, la novità è che il peso delle tasse, ora, sarà sul contribuente europeo.
Chi ha deciso il nuovo atto di una guerra senza fine, però, non ha capito una cosa. Ciò che accade sta creando una frattura incolmabile nelle opinioni pubbliche, non solo occidentali, tra gli Stati, all’interno delle società nazionali. Quando i cocci saranno ovunque la riparazione forse sarà impossibile.
Perciò, si tratta di porre fine subito alla strage degli innocenti. È necessario che i governi europei ascoltino la voce degli organismi e delle organizzazioni internazionali – Onu, Unicef, Croce Rossa, Medici senza Frontiere – mettendo in atto misure decisive e urgenti contro la mattanza. Oggi gli operatori umanitari sono piccole luci nel buio della ragione. Bisogna guardare e proteggere la loro azione.
L’accusa di antisemitismo – che è “un peccato contro Dio” (Papa Francesco) –, rivolta strumentalmente contro chi critica le scelte del governo Netanyahu, è una strategia retorica di squalifica morale figlia della guerra cognitiva.
Quando l’irreparabile sarà vicino, saremo tutti responsabili per non avere frenato la morte di un popolo. Il nome di chi, con ignavia, ha galleggiato politicamente, facendo finta di prendere iniziative, sarà trasportato dalle acque del Lete. Il nome di chi ha perseverato nell’errore della guerra senza fine, invece, sarà associato a quello di Nerone o Caligola. Resteranno solo i nomi di chi ha fatto l’impossibile per salvare gli innocenti.
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