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Alberto Trentini resta in cella. Cosa ha sbagliato l’inviato speciale respinto a Caracas

Alberto Trentini resta in cella. Cosa ha sbagliato l’inviato speciale respinto a Caracas

Foto Ansa

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"L'errore enorme è stato annunciare pubblicamente la missione di Luigi Vignali in Venezuela senza essere certi che sarebbe stato ricevuto" dice il giornalista italo-venezuelano Salvatore Lo Monaco

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“E’ stato un enorme errore diplomatico e strategico annunciare pubblicamente la missione di Luigi Vignali in Venezuela senza essere certi che sarebbe stato ricevuto dalle autorità locali”, dice al Foglio Salvatore Lo Monaco, giornalista italo-venezuelano che si è trasferito in Italia otto anni fa “a causa dell’impossibilità di continuare a praticare liberamente il giornalismo” in Venezuela. Lo Monaco si riferisce alla missione a Caracas del direttore generale per i Cittadini italiani all’estero e le Politiche migratorie del ministero degli Esteri italiano: il ministro Antonio Tajani aveva incaricato Vignali di lavorare alla liberazione di Alberto Trentini, il cooperante italiano detenuto dal 15 novembre dello scorso anno nel carcere El Rodeo di Caracas, ma due giorni fa l’inviato speciale è stato respinto dalle autorità venezuelane. “Significa che non è stata fatta un’adeguata attività di lobbying con i contatti chiave”, sostiene Lo Monaco. “Eppure ci sono diversi potenziali contatti in Venezuela che potrebbero costruire un ponte con Maduro per riceverlo, inclusi alcuni chavisti come Giancarlo Di Martino, che è stato console venezuelano a Milano per 15 anni e adesso è il sindaco della città di Maracaibo. Ci sono anche diversi membri del Club Italo-Venezuelano di Caracas che intrattengono buoni rapporti con il regime”.

Tajani, parlando ieri con i cronisti in Transatlantico, ha provato a spiegare: “Stiamo cercando di lavorare per la liberazione dei prigionieri politici. Abbiamo mandato un inviato che era gradito anche alla famiglia ma è il governo venezuelano a decidere se fare avere un colloquio o no. Stiamo cercando di fare tutto il possibile, non è così semplice”. Una versione che circola è che Vignali avesse ricevuto delle rassicurazioni, ma una volta giunto a Caracas l’appuntamento sarebbe stato ricalendarizzato tra un paio di settimane per motivi interni alla dirigenza venezuelana. Un’altra versione è che un funzionario diplomatico venezuelano avrebbe addirittura trattato Vignali in malo modo: “Non siamo più al tempo delle colonie”. “Nostro figlio deve tornare a casa. Confidiamo che il dialogo possa proseguire”, ha fatto sapere la famiglia di Alberto Trentini. Il cooperante è ancora agli arresti con accuse generiche, che non sono state mai veramente formalizzate, di “cospirazione e terrorismo”, e in otto mesi è riuscito a parlare per telefono con i suoi solo due volte. Il caso Trentini è il più noto tra la quindicina di italiani e italo-venezuelani arrestati per cui la carica di Vignali è stata creata.

“Le attuali relazioni internazionali con il regime al potere in Venezuela sono molto complesse e particolari”, dice Lo Monaco. “Ciò che esiste è un governo de facto, soprattutto da quando l’anno scorso non sono riusciti a dimostrare con documenti ufficiali la loro annunciata vittoria alle elezioni presidenziali del 28 luglio, mentre il candidato Edmundo González è riuscito a pubblicare i verbali che lo danno come vincitore. Per questo motivo, anche governi politicamente vicini a Maduro non hanno riconosciuto ufficialmente il suo mandato, considerando che il Consiglio nazionale elettorale, controllato dal partito Psuv, non ha ancora pubblicato i verbali. Da qui l’isolamento internazionale sul piano geopolitico, con alcune relazioni alleate come Russia, Iran, Corea del nord, Cina e Cuba, tra gli altri”. Dunque, “è necessario agire con estrema cautela per stabilire canali di comunicazione con il regime venezuelano, più attraverso vie informali che attraverso i canali diplomatici ufficiali. Lo stesso accade con le relazioni economiche internazionali, che non sono trasparenti né formali. Inoltre, attualmente in Venezuela non esiste un solo interlocutore ufficiale, ma diversi. Da una parte ci sono Maduro e il suo entourage, che include i fratelli Rodríguez. Dall’altra il vicepresidente del Psuv, Diosdado Cabello, ministro dell’Interno, che gestisce l’intero apparato di polizia e di intelligence, primo responsabile delle detenzioni e della repressione della libertà. In questo quadro va menzionato anche il generale Padrino López, ministro della Difesa, il cui incarico è stato rinnovato nel tempo ed è fino ad oggi il ministro rimasto più a lungo in quella posizione nella storia del Venezuela, il che gli conferisce un grande potere decisionale sulle forze armate che sostengono il regime”.

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