Così l’Europa vuole uscire dalla Convenzione di Ginevra

Il Regolamento Ue
Le proposte presentate dalla Commissione intervengono sulla nozione, già oggi scivolosa, di “paese terzo sicuro”, aprendo la strada a interpretazioni arbitrarie che sollevano l’Ue dai propri obblighi nei confronti di chi chiede protezione. Di fatto, un modo per sbarazzarsi del diritto di asilo

La Commissione Europea ha presentato una proposta (Bruxelles, 20.5.2025 COM (2025) 259) di modifica del Regolamento (UE) 2024 n. 1348 sulle procedure in materia di asilo (che troverà applicazione a giugno 2026) con l’obiettivo di intervenire sulla nozione di paese terzo sicuro. Anche coloro che non seguono da vicino il diritto d’asilo avevano iniziato a prendere confidenza con la controversa nozione di paese di origine sicuro, ma che cos’è la nozione di paese terzo sicuro?
Si tratta di un paese che non è il paese di origine del richiedente asilo ma non è neppure il paese UE in cui viene chiesto asilo, bensì appunto un Paese terzo ove non vige il diritto europeo sull’asilo che può essere considerato un luogo sicuro per il richiedente (art. 59 del Reg. procedure) ovvero un paese nel quale la persona non corre rischi di subire persecuzioni o danni gravi e nel quale può chiedere e godere di una protezione definitiva “effettiva” per come definita dall’articolo 59 del Reg. procedure. In base ad esso si ritiene che un paese terzo garantisca una protezione effettiva se ha “ratificato e rispetti la convenzione di Ginevra nei limiti delle deroghe o limitazioni previste da tale paese terzo, autorizzate a norma della convenzione” (quindi anche mantenendo la limitazione geografica). Scompare in tal modo, con un abile trucco, anche il riferimento alla nozione di protezione contro le conseguenze di conflitti armati che pure è un caposaldo del diritto europeo.
Perché è stata introdotta la nozione di paese terzo sicuro e qual è la sua rilevanza in relazione agli obblighi in materia di asilo da parte dell’Unione e dei suoi Stati membri? La ragione di tale scelta è legata al fatto che il Reg. procedure prevede che la domanda di asilo presentata ad uno stato membro può essere dichiarata inammissibile (e pertanto neppure esaminata nel merito) se appunto la persona che chiede protezione “ha con il paese terzo in questione un legame in virtù del quale sarebbe ragionevole che vi recasse” (art. 59 par.5 lettera b). Chiunque può subito vedere che siamo di fronte a una nozione molto scivolosa sotto il profilo giuridico perché estremamente vaga ed ambigua, ovvero priva del principio di determinatezza che una norma dovrebbe sempre avere. La nozione di paese terzo sicuro è dunque già a legislazione vigente, quanto mai problematica perché può operare come uno strumento con il quale eludere da parte degli stati europei l’obbligo di esaminare le domande di asilo che vengono loro presentate da uno straniero.
Richiamo l’attenzione sul fatto che il diritto d’asilo si sostanzia innanzitutto nel diritto di chiederlo, alla frontiera, nelle acque territoriali, nelle aree di transito, nel territorio. In altri termini consiste primariamente nel diritto accesso alla procedura che porterà (o meno) al riconoscimento della richiesta di protezione. Se non c’è un diritto di accesso, e un conseguente obbligo di esaminare quella domanda, il diritto d’asilo non c’è alla radice. Per il suo non sanabile livello di indeterminatezza ritengo che la nozione di paese terzo sicuro andrebbe abrogata. Qualora si voglia invece salvarla, la nozione di legame tra il richiedente e il paese terzo dovrebbe essere estremamente restrittiva ed escludere ogni arbitrarietà, così da rendere stringente la ragione per cui il paese terzo chiamato in causa ha il dovere di assicurare la protezione proprio a quel richiedente che ha deciso invece di chiederla ad un paese europeo.
La Commissione Europea, pressata da un clima politico che si fa ogni giorno più esasperato sulle questioni migratorie e dove sembra sia in atto una gara di estremismi, ha invece proposto una modifica che va nella direzione opposta. La formulazione dall’articolo 59 par.5 del Reg. procedure sopraccitata viene modificata prevedendo che il paese terzo possa essere considerato sicuro se ricorrono una delle seguenti condizioni: 1) esiste un legame tra il richiedente e il Paese terzo in questione, in base al quale sarebbe ragionevole per lui o lei recarsi in quel Paese; 2) il richiedente ha transitato nel Paese terzo in questione; 3) esiste un accordo o un’intesa con il Paese terzo interessato che impone l’esame del merito delle domande di protezione effettiva presentate dai richiedenti soggetti a tale accordo o intesa. La prima condizione è mera ripetizione della normativa esistente e non aiuta dunque a dare alla proposta alcun maggiore rigore giuridico. La seconda condizione presuppone l’esistenza di un legame tra il richiedente e il paese terzo in ragione del solo fatto di essere transitato da tale paese, anche se la persona non ha con esso alcun legame. Nei considerando alla proposta di riforma la Commissione infatti scrive che il legame esiste “in quanto è ragionevole aspettarsi che una persona richiedente protezione internazionale possa aver presentato domanda di protezione in un Paese terzo sicuro attraverso il quale è transitata. Il precedente transito in un Paese terzo sicuro fornisce un legame oggettivo tra il richiedente e il Paese terzo in questione”.
Ho letto con sconforto la frase sopra riportata decine di volte in quanto si tratta di un’ardita sfida alla logica. Nulla lega il richiedente ai paesi terzi che ha solo fisicamente attraversato (come altresì individuare tra i diversi paesi attraversati quello prescelto a diventare il paese cui rispedire il richiedente? Con l’oggettivo legame di un sorteggio?), mentre affermare che avrebbe potuto presentare in tali paesi la domanda di asilo equivale a sostenere che l’Unione Europea si occupa solo delle domande di asilo di colui che fugge da paesi confinanti o arriva in Europa via aereo (ma ovviamente nel solo caso in cui il richiedente parta comodamente dal paese in cui subisce persecuzioni salutando affettuosamente i responsabili delle stesse). Al rinvio coatto verso il paese terzo sicuro attraversato sarebbero soggetti anche i minori stranieri non accompagnati, seppure, afferma pietosamente il testo, solo dopo accurata valutazione se ciò è nel loro superiore interesse. Voler introdurre una simile disposizione equivale nella sostanza a liberarsi del diritto d’asilo in Europa pretendendo però nello stesso tempo il suo rigoroso rispetto nel resto del mondo.
Poggia sulla stessa radicale distorsione giuridica la terza ipotesi prevista dalla proposta della Commissione, ovvero la sussistenza di un accordo o intesa tra il paese terzo e il paese europeo con il quale il paese terzo si impegna ad esaminare le domande di asilo dei richiedenti asilo mentre il paese europeo si disfa di ogni responsabilità. Se non si tratta di un’uscita dell’Europa dalla Convenzione di Ginevra ci andiamo molto vicino. Un caso che sotto vari profili è assimilabile a quanto la Commissione oggi propone non è il modello Italia-Albania, pessimo sotto molti profili, ma che prevede il mantenimento della giurisdizione italiana sull’esame delle domande, bensì l’indecoroso esperimento che fu rappresentato dal Memorandum tra il Regno Unito e il Ruanda. Con tale memorandum il Regno Unito avrebbe infatti venduto i richiedenti asilo che sarebbero arrivati sulle coste inglesi ad un paese terzo, il Ruanda il quale assumeva la giurisdizione sull’esame delle domande di asilo che sarebbero state di competenza della Gran Bretagna. Su tale Memorandum (che in via definitiva venne ritenuto illegittimo dalla Suprema Corte dell’UK il 15 novembre 2023) si espresse in modo chiaro a suo tempo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati evidenziando come la previsione di una sistematica procedura di trasferimento della responsabilità ad altri Stati “rimane in contrasto con lo spirito e la lettera della Convenzione sui rifugiati” (UNHCR, Analysis of the Legality and Appropriateness of the Transfer of Asylum-Seekers under the UK-Rwanda arrangement: an update, 15 January 2024).
Oggi la Commissione riprende nella sostanza il medesimo approccio dal momento che, per come formulata, le ipotesi che legittimerebbero la devoluzione a paesi terzi della competenza ad esaminare le domande di chi richiede asilo in Europa sarebbero talmente estese da assumere le caratteristiche di una situazione generalizzata e sistematica. Saprà il Parlamento Europeo, e in particolare il raggruppamento S&D (Socialisti e Democratici) che sostiene l’attuale Commissione, con compattezza, senza distinguo e tentennamenti nelle delegazioni nazionali, ripudiare l’incredibile proposta della Commissione di vendere i richiedenti asilo ai più disparati paesi del mondo in una sorta di mercato globale di esseri umani? Avremo, tutti noi, la capacità di capire il livello di estremismo che è stato raggiunto e assumere la consapevolezza che bisogna tornare indietro il prima possibile?
l'Unità