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La crisi di Zaia e Fedriga, la maledizione di chi ha perso l’attimo

La crisi di Zaia e Fedriga, la maledizione di chi ha perso l’attimo

Foto LaPresse

Il colloquio

A parole si continua a propugnare il terzo mandato, ma dietro le quinte scatta l’autonalisi. “Hanno commesso un grave errore di calcolo, confidando in un nuovo compromesso storico tra Lega e Pd sullo sblocco dei mandati”. Le parole di Gigi Moncalvo, decano del leghismo e già direttore della Padania

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E alla fine l’unico a muovere è stato Salvini. Capitan Gattopardo: cambiare affinché tutto resti com’è. Encomio a Vannacci, a Sardone, congelando la Lega ai suoi piedi. Un bacione ai gufi. Una carezza ai governatori del nordest, che andranno presto incontro al pensionamento amministrativo. All’irrilevanza politica. Quando invece, a lungo, avrebbero potuto cambiare dall’interno il corso del Carroccio. “Zaia e Fedriga devono fare severa autocritica”, l’analisi di Gigi Moncalvo, decano del leghismo e già direttore della Padania. “In questi anni non hanno avuto coraggio: quello che è mancato a tutti, da Giorgetti in giù, incapaci di mettersi contro la presunta leadership di Salvini. Nella Lega non ci potrà mai essere un 25 luglio, perché dentro il regime sovietico d’antan che è Via Bellerio nessuno osa presentare una vera mozione di sfiducia. Nessun pezzo grosso, almeno. E mancando il coraggio, il politburo schiaccia e umilia. Questa nuova generazione di politicanti”, gli yes men del segretario, “butta via gli Zaia e i Fedriga a calci. E loro, purtroppo, se li fanno dare”. Così il Triveneto mastica amaro, rimugina. A parole si continua a propugnare il terzo mandato, ma dietro le quinte scatta l’autonalisi. Dogadi al tramonto: Zaia imbrigliato dalla Consulta, Fedriga dalla crisi della sua giunta.

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Secondo Moncalvo “hanno commesso un grave errore di calcolo, confidando in un nuovo compromesso storico tra Lega e Pd sullo sblocco dei mandati, visto che serviva anche a De Luca in Campania. Ma Schlein e Salvini si assomigliano: fanno quello che vogliono. Per loro la politica è un bluff. E chi sa leggere e scrivere rappresenta un problema”. Eppure per anni i due presidenti, più che uno spiraglio, hanno avuto una voragine. Spalancata dai reiterati istinti suicidiari di Matteo: Papeete, Ponti sullo Stretto, occhiolini a Putin. “Dovevano agire già allora, quando Salvini buttava all’aria un governo dalla spiaggia. Quando stravolse il simbolo, il nome, le battaglie storiche della Lega”, che nel frattempo precipitava dal 34 all’8 per cento. Le condizioni c’erano tutte, a tutte le latitudini. “Quello era l’attimo, sfruttando al contempo l’ascesa di Meloni”, che dall’alto si era messa a disposizione di Zaia e Fedriga per favorire il ribaltone interno: a Salvini mancava solo il colpo di grazia. E invece no, “tienimelo sulla corda”, il Doge ripeteva a Giorgia mentre lei diventava premier. Sul territorio c’era inoltre una folta schiera di pretoriani– dall’assessore Marcato in poi – pronti a battagliare e a fare piazza pulita, se necessario. Avete presente il film? “Al mio segnale, scatenate l’inferno”. Solo che Zaia il segnale non l’ha mai dato. E a furia di aspettare, la corda s’è rotta. Salvini libero, come un cerbiatto incredulo.

“Un’indecisione costata cara”, dice Moncalvo. “E si capisce: mettersi contro i vertici del partito avrebbe voluto dire farsi buttare fuori”. Ma il rischio andava corso. Temporeggiare non ha pagato: a furia di sorrisi, prudenza e distensione – tanto da confondere perfino i propri luogotenenti – Zaia e Fedriga sono rimasti vittima della loro stessa inazione. E il tempismo in politica è tutto. Il resto lo fa il tempo, limitato, delle legislature. Su questo Salvini ha vinto la scommessa. “La vera domanda è: può la Lega oggi fare a meno dei suoi amministratori di qualità e consenso? Gli incarichi a Vannacci e Sardone dicono che il piano è questo. Ma mancano le basi, la democrazia interna. Se ogni volta si prendono dei brandelli – il generale della situazione – per tappare buchi giganteschi come l’emorragia elettorale, prima o poi la Lega scomparirà del tutto”. Il futuro dei governatori, invece? “In un barattolo di marmellata, dove verranno annacquati, diluiti, tolti dalla scena mediatica. Anche da Crozza”. Addio Boadin. “La Lega farà di tutto per tenerli buoni, distribuendo posti di potere simbolici: me lo vedo a fare il sindaco di Cortina, Zaia”. Non di Venezia? “Un riconoscimento olimpico sarebbe già tanto. Perché il nordest non ha mai voluto capire la cosa più importante: sin dall’era di Bossi, il Carroccio è un partito lombardo-centrico. E i veneti non hanno mai contato”. Tirandosi indietro, quando avrebbero potuto farlo.

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