La rivoluzione democratica sottovalutata di Basaglia

Cento anni dalla nascita
Che dire delle pratiche che, oggi, vengono messe in atto in nome di un’interpretazione estensiva e abnorme dello “spoils system”?

Come è noto, ricorrono i cento anni dalla nascita di Franco Basaglia. A me, di sinistra da sempre, sembrava forzato l’accostamento fra una disciplina medica – la Psichiatria – e l’aggettivo “democratica”, presente nel nome del movimento da lui fondato e che a lui si ispira. Forse a maggior ragione scorgevo tale forzatura nel movimento che lo precede, “Medicina democratica”. Per non dire, in altro ambito, di “Magistratura democratica”. Grazie a una conversazione con il compianto filosofo Salvatore Veca, invece, scoprii che forzatura non c’è. A una condizione, però: di accantonare qualsiasi rimando, pur minimo o magari presente solo a livello di retropensiero, al costrutto sovietico, di matrice staliniana, di “democrazia popolare”.
Vale, dunque, il solo riferimento all’accezione liberaldemocratica e socialdemocratica della democrazia. Cosa mi disse esattamente Veca? Che anche i più sottili e colti di noi tendono non di rado a dimenticare che le istituzioni, in senso lato, che caratterizzano la nostra vita non sono nate e neppure sono state concepite come democratiche. A iniziare dallo Stato. Lo Stato che noi conosciamo non è nato democratico. Piuttosto, nella parte del mondo nella quale ci capita di vivere, si è (non del tutto) democratizzato. Più che parlare di Stato democratico, dovremmo dunque dire “Stato divenuto democratico” (in tale processo, il filosofo scorgeva ad esempio l’importanza della rivoluzione inglese di Oliver Cromwell). L’uovo di Colombo, si dirà. Tutti sanno che lo Stato moderno non è nato democratico. Già, un uovo di Colombo vero e proprio, che deve però servire da promemoria, sempre.
Né la chiesa è nata democratica e tuttora, in ambito romano o ortodosso, vige un ferreo principio gerarchico. Tuttavia neppure lì mancano importanti fenomeni di democratizzazione. Discorso analogo per la scuola o per l’Università, o magari per la famiglia, intesa come istituzione, soprattutto per quella tradizionale. Così non è difficile replicare a coloro che sottolineano il carattere pleonastico, o tautologico, del nome “Partito democratico”. Primo, in quanto i partiti non sono nati davvero democratici, nella loro organizzazione e nel loro funzionamento interno, né, in genere, lo sono ai giorni nostri. Secondo, perché le pulsioni illiberali e liberticide, comunque celate o motivate, sono dietro l’angolo. La battaglia contro la “legge truffa”, ad esempio, oltre alle sinistre, coinvolse il fior fiore dei liberaldemocratici. E che dire delle pratiche che, oggi, vengono messe in atto in nome di un’interpretazione estensiva e abnorme dello “spoils system”?
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