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Lista Zaia for dummies: cifre, volti e lotte dell’esercito del Doge

Lista Zaia for dummies: cifre, volti e lotte dell’esercito del Doge

Foto Ansa

in Veneto

La possibile nascita di una nuova “Lista Zaia” agita il centrodestra veneto. L’obiettivo è rilanciare l’eredità del governatore e ampliare il consenso oltre i confini leghisti

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Si scende in campo. O quantomeno ci si prepara: da quando Matteo Salvini – perfino lui, preso dalle mirabilia sullo Stretto – ha aperto alla possibilità di una lista Zaia, in Veneto non si parla d’altro. È l’eredità da difendere, blindare e rilanciare. Tutti in nome del presidente. La prossima lista Zaia dovrà essere diversa dal passato, ma partirà comunque da alcuni profili di sicura lealtà politica e amministrativa. Provincia per provincia. Nel Trevigiano, feudo storico del governatore, sarà Alberto Villanova, capogruppo degli zaiani in Consiglio, a dare le carte. E insieme a lui Sonia Brescacin, entrambi oltre le 8 mila preferenze alla scorsa stornata. L’altro delfino di Zaia si trova a Verona: la vicepresidente regionale Elisa De Berti. 5mila voti. Sono punti di riferimento anche l’assessore Francesco Calzavara a Venezia, Laura Cestari a Rovigo e Giovanni Puppato a Belluno. Mentre a Padova, dove la contesa ha contorni da ring – è la roccaforte dei parlamentari salviniani, ma anche del popolarissimo Roberto Marcato, tentato dalla corsa in solitaria –, Zaia si affida al civismo di Elisa Cavinato. Nessun dubbio infine a Vicenza: da lì provengono Roberto Ciambetti, presidente del Consiglio regionale, e l’assessore alla Sanità Manuela Lanzarin. 10 mila preferenze a testa. In totale, basterebbe una manciata di pretoriani della Lista Zaia per superare di nuovo quota 50 mila. Cenacolo completo e Veneto avvertito.

Come si configura con esattezza la lista che farebbe tremare FdI e Forza Italia – ma pure la Lega stessa –, in caso di partecipazione all’appuntamento elettorale? Spoiler: allo stato attuale non lo sa nemmeno Zaia. Eppure basta dare la notizia. Un giro di telefonate. E dalla mattina alla sera busserebbero alla porta più nomi nuovi di quanti la lista ne potrebbe contenere. Civici, leghisti, imprenditori. A partire dalla superpotenza del Consiglio regionale uscente. In ogni caso lo sanno tutti: senza Zaia candidato sarà impossibile ripetere l’exploit del 2020. Trionfo con oltre il 76 per cento. Lista del governatore quasi al 45: tradotto, 23 consiglieri eletti su 49. Più altri 9 nella Lega, dirottati dalla strabordante macchina elettorale del Doge. Oggi lui sostiene che la sua futura lista allargherebbe la base del consenso, prendendo voti anche a sinistra – ricordiamoci della battaglia sul fine vita – e fra gli astenuti. Gli ultimi sondaggi la danno attorno al 30 per cento, trainando l’intero centrodestra. Logica del buon governo, sopra l’ideologia. Bene. Se così fosse però, ci sarebbe da mettere mano all’attuale struttura. Perché tutti i candidati della lista Zaia, nel 2020, avevano anche la tessera della Lega. E molti di loro – dal bellunese Bottacin al padovano Centenaro – è grazie al duro leghismo se hanno ottenuto il seggio. Qualcun altro aveva alle spalle un’esperienza più laica, ma senza mai negare il tandem Leone di San Marco-Alberto da Giussano.

La lista Zaia non potrà ripresentarsi così, innanzitutto perché gli altri partiti – FdI in testa – non consentiranno un duplicato del Carroccio sotto mentite spoglie. Che ne sarà dunque di quei 23? Alcuni sono già defluiti verso altri lidi: il filorusso Valdegamberi e il redivivo Barbisan – espulso dalla Lega per dichiarazioni razziste in tv, poi silenziosamente riabilitato – si sono ricollocati nel gruppo misto come da accordi preelettorali; Fabrizio Boron è passato presto a Forza Italia, Silvia Rizzotto da pochi mesi a FdI. Inoltre, diversi consiglieri uscenti farebbero spontaneamente un passo indietro per questioni personali o di anzianità. Se arriverà davvero il via libera da Roma, succederà dunque che un giorno non così lontano Zaia e Alberto Stefani, fido segretario regionale di Salvini, si siederanno al tavolo e faranno il punto della situazione. Comune per comune. Valutando profili industriali, personalità del territorio e attivisti locali senza etichette. Lo stesso Stefani sta spingendo da mesi per aprire al civismo le porte della Lega in crisi. Con Zaia da testimonial, l’operazione sarebbe a prova di voto. Ormai s’è sparsa la voce: dietro le quinte e davanti agli occhi dei veneti, l’impareggiabile aura del pres non tramonterà. Né oggi, né domani.

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