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Meloni e la guerra ideologica contro l’ampliamento dei diritti: dai medici non obiettori a salario minimo e fine vita

Meloni e la guerra ideologica contro l’ampliamento dei diritti: dai medici non obiettori a salario minimo e fine vita

Il caso della Sicilia e Toscana

I Fratelli d’Italia sembrano avere un target ricorrente: impugnano le leggi regionali che ampliano i diritti. Quelle che vanno contro la loro ideologia.

Foto Roberto Monaldo / LaPresse
Foto Roberto Monaldo / LaPresse

Vero che l’esecutivo può impugnare una legge regionale di fronte alla Consulta qualora creda che violi la Costituzione o ecceda le competenze. Niente di assurdo: lo stabilisce l’articolo 127 della nostra Costituzione. Ma i Fratelli d’Italia sembrano avere un target ricorrente: impugnano le leggi regionali che ampliano i diritti. Quelle che vanno contro la loro ideologia.

Un esempio, quanto accaduto con la legge n.23 del 5 giugno 2025 della Regione Sicilia, che obbliga gli ospedali pubblici dell’isola ad assumere medici non obiettori di coscienza. Un provvedimento che era nato da un’urgenza concreta: lì l’80% dei ginecologi è obiettore. Il che aveva messo seriamente a rischio l’accesso all’interruzione di gravidanza nelle strutture pubbliche della Sicilia. E che costringeva molte donne a spostarsi altrove. Va a finire però che per l’esecutivo le disposizioni di quella legge regionale sono “incostituzionali e strumentali” perché – sostengono in particolare da FdI – il diritto all’obiezione di coscienza è tutelato come espressione della libertà personale. E che basta la legge 194 a garantire l’attuazione del diritto all’aborto.

C’è poi il caso della legge n.30 del 18 giugno 2025 della Toscana sul salario minimo, che in sostanza favorisce nei bandi di gara pubblici le aziende che pagano i propri dipendenti almeno 9 euro lordi all’ora. Virtuoso, si direbbe. E invece no: anche questa legge per il Governo è incostituzionale perché, spiegano stavolta, la competenza sulle norme che riguardano la concorrenza spetta allo Stato e non alle Regioni. Da qui il commento della segretaria dem Schlein: “Ancora una volta il governo Meloni dimostra di avere paura del salario minimo, è scandaloso”. La leader del Pd si impegna però a riportare il salario minimo in Parlamento e promette che il tema “sarà centrale in tutti i programmi delle Regioni al voto”.

Gli “impugnatori” se la sono presa poi con un altro provvedimento della Toscana, quello sul fine vita (sul quale, ricordiamo, il governo ha elaborato una pdl a dir poco escludente per molti malati gravi, come denunciano le associazioni che da anni si occupano del tema). Si tratta di fatto della prima legge in Italia che definisce tempi e procedure certe della risposta che il Sistema sanitario regionale è tenuto a dare ai malati terminali che chiedono di accedere al suicidio medicalmente assistito e ne abbiano i requisiti. Stavolta, spiega il Governo, la legge toscana “esula in via assoluta dalle competenze regionali e lede le competenze esclusive dello Stato”. Esponenti della maggioranza, interrogati sul punto, avevano parlato del rischio di una “legislazione Arlecchino” diversa di Regione in Regione. Peccato però che in quello stesso provvedimento regionale si specifica che la procedura è valida “fino all’entrata in vigore della disciplina statale”. Ma poco importa: per l’esecutivo non si può fare. Altro che colmare il vuoto di diritti: il Governo “impugna” chi vuole rimediare.

l'Unità

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