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Dopo YouTube, anche TikTok e Instagram arriveranno sulla tv

Dopo YouTube, anche TikTok e Instagram arriveranno sulla tv

Nell’epoca dei social e degli smartphone, è la televisione che continua a dettare le regole. Lo dimostrano anche i ventilati progetti di Bytedance e Meta per creare delle app, rispettivamente di TikTok e Instagram, sviluppate appositamente per vivere all’interno della smart tv, adeguandosi alle caratteristiche che da sempre contraddistinguono la visione televisiva.

Nel più classico stile gattopardesco, anche nel caso del consumo domestico di contenuti sembra che tutto sia cambiato affinché nulla cambiasse. Social network, creator economy, reel e video verticali: le trasformazioni che hanno contraddistinto l’intrattenimento del ventunesimo secolo si sono dovute piegare – come vedremo meglio tra poco – alla regina del nostro soggiorno: la televisione.

O forse sarebbe meglio parlare di “televisore”, inteso come oggetto, visto che il più ampio termine “televisione” fa invece riferimento a ciò che si guarda. Se parlando di televisione intendiamo i classici palinsesti delle reti tradizionali, allora è innegabile che questo vecchio modello stia affrontando una crisi.

Negli Stati Uniti, dove la televisione funziona con logiche parzialmente diverse dalle nostre, da almeno dieci anni si assiste al fenomeno del “cord cutting”: la disiscrizione dalle pay tv via cavo che, dal 2013 a oggi, hanno dimezzato il numero di abbonati (da 103 milioni a 57). In Italia, il numero di telespettatori non cala con la stessa rapidità, ma i dati Auditel segnalano come nel 2025 il numero di persone che si piazzano in prima serata davanti alla televisione “classica” (quella lineare e in tempo reale: RaiUno, Canale 5, ecc.) siano scesi sotto quota venti milioni. Allo stesso tempo, come segnala la newsletter Media Storm, gli investimenti pubblicitari nella televisione tradizionale sono sostanzialmente fermi da oltre dieci anni.

Sarebbe facile pensare che tutto ciò sia causato dall’avvento ormai ventennale degli smartphone e dei social network. E che il declino della televisione sia inevitabile in un’epoca di intrattenimento individuale e algoritmicamente personalizzato, che starebbe uccidendo quella forma di visione familiare e collettiva di cui la televisione è da sempre il simbolo (avendo di fatto preso il posto che un tempo era occupato dal focolare).

Le cose, però, non stanno così: la televisione classica starà anche perdendo ascoltatori, ma la sua trasformazione in smart tv – ovvero connessa a internet e in cui vengono integrate le più note piattaforme streaming – ha invece garantito una nuova centralità all’oggetto televisore.

Per avere conferma di tutto ciò, basta guardare le cifre: secondo i dati Nielsen del marzo 2024 – riportati dalla newsletter Scrolling Infinito – il 38,5% del tempo trascorso davanti alla TV è occupato dalla visione di piattaforme in streaming, una percentuale superiore sia alla tv lineare (22,5%) sia a quella via cavo (28,3%). Per molti versi – e soprattutto adesso che trasmettono anche sport in diretta, reality show e classici spettacoli d’intrattenimento – Netflix, Prime TV e Disney+ sono i nuovi RaiUno, Canale 5 e La7.

La rivoluzione dello streaming sembra quindi essere più legata alla trasformazione dei modelli di business che a un cambiamento nella fruizione della tv, in cui l’unica novità davvero importante è quella relativa all’abbandono dei palinsesti e degli orari fissi (con qualche eccezione, a partire dallo sport).

Il dato più sorprendente è però un altro: a vincere la sfida delle smart tv non è né Netflix, né Prime TV né nessun’altra piattaforma streaming di questo tipo. Il vero vincitore è infatti YouTube, che occupa quasi il 10% del tempo totale trascorso dagli spettatori davanti alla televisione (mentre Netflix si deve accontentare del secondo posto all’8,1%). Non solo: secondo i dati di eMarketer, le persone trascorrono ogni giorno 36 minuti su YouTube, di cui 17 in televisione, 15 sullo smartphone e 4 al computer.

Una piattaforma di user generated content, uno dei simboli del web 2.0, ha oggi più successo in televisione che sullo smartphone, dimostrando la grande abilità di YouTube nell’adattarsi a tutti i cambiamenti, ma soprattutto la capacità della televisione di inglobare quelle piattaforme che si pensava l’avrebbero portata al pensionamento.

Non sono stati lo scrolling, i video brevi e il formato verticale a penetrare nella televisione, ma semmai il contrario: oggi sono i social che si devono adattare alle logiche televisive – a base di contenuti lunghi e formato orizzontale – per massimizzare il tempo che gli utenti trascorrono su di esse e quindi estrarre più valore (come dimostra la decisione di TikTok di puntare anche sui video orizzontali e la già citata volontà di sbarcare sulle smart tv).

Gli esperti sostengono ormai da tempo che i social network stiano diventando sempre più simili alla televisione: caratterizzati dalla fruizione passiva di contenuti prodotti da creator professionisti e aspiranti tali, e in cui l’interazione e la comunicazione passano in secondo piano. L’evoluzione successiva sembra invece essere l’inglobamento dei social stessi – in una versione modificata – all’interno della televisione.

D’altra parte, gli stessi creator più noti e importanti sono ormai indistinguibili da conduttori di talk show – a cui i video podcast assomigliano sempre di più – e creano prodotti talmente professionali che la loro collocazione ideale diventa proprio la televisione, lasciando ai social e agli smartphone soltanto le briciole (o meglio, le pillole dei format più lunghi).

Tutto cambia perché nulla cambi: i creator nati sui social network pensati per gli smartphone stanno diventando i nuovi conduttori, che trasmettono su piattaforme che considerano la smart tv il dispositivo più importante da conquistare. Tra un paio d’anni, la televisione compirà un secolo. E lo festeggerà dimostrando di aver mantenuto tutta la sua centralità.

La Repubblica

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