La Corte Suprema Federale (STF) ritiene a maggioranza che solo la Corte possa autorizzare perquisizioni nel Congresso e nelle proprietà dei parlamentari.

Lunedì 22, la Corte Suprema Federale ha raggiunto una maggioranza per stabilire che la Corte ha giurisdizione esclusiva per autorizzare operazioni di perquisizione e sequestro nel Congresso Nazionale e sulle proprietà ufficiali dei membri del Congresso. Finora, sei giudici hanno votato a favore: il giudice relatore, Cristiano Zanin, e Alexandre de Moraes, Gilmar Mendes, Flávio Dino, Dias Toffoli e Cármen Lúcia.
La sentenza vieta ai giudici di grado inferiore di disporre misure investigative in questi ambiti, anche se l'obiettivo diretto dell'indagine non è un parlamentare. La sessione plenaria virtuale della Corte Suprema rimane aperta fino a venerdì 26, termine ultimo per il voto dei giudici rimanenti.
Il relatore Cristiano Zanin ha sostenuto che la giurisdizione della Corte Suprema deriva dall'impatto diretto o indiretto delle perquisizioni sullo svolgimento delle funzioni parlamentari. "È improbabile immaginare che una perquisizione e un sequestro effettuati nell'ufficio di un senatore, anche se finalizzati a indagare sulla condotta di un collaboratore, non portino alla luce informazioni e dati direttamente correlati all'attività parlamentare", ha affermato.
Nella sentenza, i ministri hanno anche respinto il requisito dell'autorizzazione preventiva del Presidente della Camera o del Senato per la notifica di mandati di cattura all'interno delle Camere legislative.
L'analisi giunge in un momento di forti tensioni tra il Congresso e la Corte Suprema Federale. La scorsa settimana, la Camera dei Deputati ha approvato lo Shielding Amendment (PEC) , che mira a trasferire al Parlamento il potere di autorizzare procedimenti giudiziari contro i membri del Congresso, mentre l'estrema destra spinge per l'amnistia per i golpisti dell'8 gennaio 2023. L'avanzamento delle proposte ha scatenato proteste in diverse capitali domenica 21.
Il caso in esame risale al 2016, quando la Giunta Esecutiva del Senato mise in dubbio la legalità dell'Operazione Métis, autorizzata dalla Corte Federale di Brasilia e che indagava su un presunto piano di controspionaggio della Polizia Legislativa per ostacolare le indagini su Lava Jato. L'operazione fu infine archiviata, ma aprì la strada alla sentenza ora consolidata dalla Corte Federale Suprema.
CartaCapital