Salvini, Macron e la cesura di Meloni: quando il re è nudo

“Attaccati al tram”, ha detto Salvini a Macron. Un’espressione milanese (“taches al tram”), tradotta nel suo stile colorito: “Vacci tu se vuoi. Ti metti il caschetto, il giubbetto, il fucile e vai in Ucraina”.
La Francia ha convocato l’ambasciatrice italiana a Parigi “a seguito dei commenti inaccettabili” di Salvini contro Macron per il suo sostegno alle truppe in Ucraina. “Ti metti il caschetto, il giubbetto e vai in Ucraina”, ha detto il vicepremier. #ANSA https://t.co/I4foj5rsON
— Agenzia ANSA (@Agenzia_Ansa) August 23, 2025
Parole che hanno provocato la reazione immediata dell’Eliseo, che ha convocato l’ambasciatrice italiana a Parigi. Lì, i toni sono stati durissimi: dichiarazioni definite “inaccettabili”. Un incidente diplomatico? Forse. Ma al tempo stesso, l’ennesima conferma di un clima irreale, in cui chi dice ciò che pensa la maggioranza degli italiani viene bollato come “provocatore” o “intemperante”, mentre la narrazione ufficiale rimane impenetrabile, blindata in un castello di mistificazione.
A questo punto, la domanda è inevitabile: Salvini è davvero un semplice intemperante, un guastatore di equilibri diplomatici? Oppure il problema sta più in alto, cioè nella postura complessiva del governo italiano e in particolare della premier Giorgia Meloni, che appare non solo inadeguata, ma addirittura incoerente rispetto alla realtà fattuale?
Per rispondere, è utile ripercorrere brevemente la sua traiettoria politica sul conflitto russo-ucraino.
Dal pragmatismo critico al cambio di rotta 2014: il tempo della prudenzaNel marzo 2014, di fronte alla crisi di Crimea, Giorgia Meloni twittava: “Giusto che sul futuro della Crimea si esprima il popolo con un referendum”. Parole che riconoscevano, in qualche misura, un principio di autodeterminazione, non certo una condanna di Mosca.
#Ucraina: Giusto che sul futuro della Crimea si esprima il popolo con un referendum.
— Giorgia Meloni (@GiorgiaMeloni) March 1, 2014
Nello stesso anno, Fratelli d’Italia si oppose alle sanzioni contro la Russia: giudicate dannose per l’economia italiana e inutili per modificare i rapporti di forza internazionali. In Parlamento, Meloni dichiarava che non aveva senso forzare l’ingresso di Kiev in UE e NATO, proponendo per l’Ucraina uno status neutrale, “ponte tra Europa e Russia”.
Ed ancora su UE/NATO e sulla questione “neutralità” dell’Ucraina, uno dei punti richiesti dalla Russia in Aula (ottobre 2014) Meloni sostenne che non avesse senso “forzare” l’ingresso di Kiev in UE e NATO, proponendo per l’Ucraina uno status neutrale, ponte tra UE e Russia; critica inoltre l’allineamento europeo alla linea USA dell’epoca usando queste testuali parole:
“A parer mio, se l’Unione Europea avesse una politica estera, se l’Unione Europea non si limitasse semplicemente ad eseguire gli ordini del meritatissimo (ironico n.d.r.) premio Nobel per la pace Barack Obama, allora l’Unione Europea saprebbe che non ha alcun senso oggi forzare l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea e nella NATO, portando inevitabilmente avanti una crisi con la Federazione Russa nello stesso identico momento nel quale noi avremmo bisogno della Federazione Russa per combattere il dilagare del fondamentalismo islamico”
In definitiva, la Meloni fino al 2021 – in vari interventi pubblici – ha mostrato un tono culturale-valoriale positivo verso la Russia; questo quadro è ampiamente documentato da rassegne stampa e ricostruzioni critiche (vedi ,
Insomma, la Meloni del 2014 era critica verso le derive atlantiste e sanzionatorie, consapevole che un’eccessiva rigidità avrebbe avuto costi enormi per l’Italia. In sintesi; linea scettica sulle sanzioni, prudente sull’allargamento NATO/UE a est, apertura al tema referendario in Crimea; attenzione al danno economico per l’Italia.
Dopo il 24 febbraio 2022: la cesuraTutto cambia con l’invasione russa. Da leader di opposizione prima, e da premier poi, Meloni capovolge la sua linea:
a) Condanna dell’invasione e invio di armi.Da leader dell’opposizione (febbraio-settembre 2022) e poi da premier (dal 22/10/2022), Meloni condanna l’aggressione russa, si schiera con Kiev e sostiene l’invio di aiuti militari. Reuters sintetizza la posizione a ridosso del voto 2022 e nei primi mesi di governo. (
b) Viaggio a Kyiv e “pace giusta”.Nel febbraio 2023 visita Kiev e ribadisce: “Nessuna pace ingiusta può essere imposta all’Ucraina; ogni accordo deve avere il consenso del popolo ucraino.” (comunicazione ufficiale di Palazzo Chigi). (
c) Accordo bilaterale di sicurezza Italia-Ucraina (24 febbraio 2024).L’Italia firma a Kiev un accordo di sicurezza di lungo periodo che impegna Roma su sostegno militare, finanziario e addestrativo (seguendo la dichiarazione G7 di Vilnius). Il testo ufficiale è pubblico. (e
d) Decreti e proroghe per le forniture.Il governo proroga per il 2024 l’autorizzazione all’invio di aiuti militari senza passaggi caso-per-caso in Parlamento; comunicati e cronache istituzionali e di stampa lo documentano. (
e) 2025: “pace giusta”, convergenza G7 e dossier garanzie.Nel contesto dei colloqui a Washington con Zelensky e i leader europei, Meloni insiste su unità e giustizia come condizioni per la pace; la stampa internazionale e italiana ne riporta le parole. Inoltre, è trapelato l’appoggio italiano a uno schema di garanzie che — in caso di nuova invasione dopo un accordo — prevederebbe una finestra di 24 ore per decisioni di dispiegamento da parte degli alleati (notizia Bloomberg ripresa dal Kyiv Independent). (, ,
Tuttavia. l’invasione russa, di per sé, non basta a giustificare sul piano logico un ribaltamento così radicale delle posizioni, fino al punto di smentire giudizi precedenti fondati su osservazioni di natura diversa. Se, ad esempio, nel 2014 si riteneva legittimo un referendum in Ucraina per dirimere una questione di sovranità, un evento bellico scaturito dalle stesse problematiche non può cancellare la necessità di una soluzione diplomatica secondo quelle stesse modalità che allora venivano considerate ragionevoli.
Ma non è tutto: nel 2023, Meloni arriva persino a dichiarare: “We were wrong”, riferendosi alla risposta occidentale del 2014. Ma non perché, come sosteneva allora, fosse stata eccessiva. Bensì perché — a suo dire — era stata troppo debole. Il ribaltamento è totale: da “abbiamo fatto troppo” a “abbiamo fatto troppo poco”.
Qui si coglie la frattura logica. Nel 2023, intervenendo alla Crimea Platform, Meloni afferma che la reazione occidentale del 2014 fu “insufficiente e sbagliata”: “We were wrong.” È una rilettura retrospettiva opposta alla sua linea del 2014 (no a sanzioni, no a forzare UE/NATO), spostando il giudizio da “abbiamo fatto scelte dannose/esagerate” a “abbiamo fatto troppo poco”. (
Sul piano storiografico, la tesi che il conflitto inizi nel 2014 è sostenuta da studiosi come Jeffrey Sachs, che colloca l’origine nella crisi del Maidan, nel conflitto nel Donbass e nelle dinamiche NATO-Russia. (e
Qui emerge la contraddizione più profonda. L’economista Jeffrey Sachs e molti osservatori indipendenti sottolineano che la guerra non inizia nel 2022, ma nel 2014: con il colpo di Stato del Maidan, la guerra nel Donbass, il sabotaggio degli accordi di Minsk, l’espansione NATO a est.
Se si riconosce questa lettura — ormai ampiamente documentata — diventa ancora più difficile comprendere la metamorfosi di Meloni. Perché proprio nel 2014 lei sosteneva che non bisognava forzare l’Ucraina verso NATO ed UE, e che le sanzioni erano un autogol. Oggi sostiene l’esatto contrario.
Ragion di Stato o capovolgimento?Si può parlare di “ragion di Stato”? Certamente:
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L’Italia ha voluto garantire credibilità atlantica in un momento di guerra aperta.
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Meloni ha dovuto distinguersi dai partner di coalizione (Salvini e Berlusconi), notoriamente filorussi.
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Roma ha scelto la continuità con Draghi e l’impianto UE-NATO, evitando strappi che avrebbero potuto isolare l’Italia in Europa.
In particolare, ecco cosa è cambiato davvero (e perché):
a) La cornice internazionale dopo il 2022.
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L’Italia ha allineato la propria postura a UE/NATO e al G7, sottoscrivendo accordi di sicurezza con Kiev (sul modello G7). ( e
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La diplomazia italiana — anche da presidente G7 — ha investito sulla narrativa della “pace giusta”: negoziato sì, ma senza concessioni imposte a Kiev (quindi rimandando tutto al diritto di Kiev di decidere qualsiasi cosa ma con appoggio italiano) e con garanzie durevoli (che oggi vogliono dire riarmo insiscriminato infrangendo le richieste di garanzie di sicurezza della Russia). (e
b) Fattori di politica interna (“ragion di Stato”).
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Necessità di distinguersi dall’alleato Salvini (per anni filorussissimo) e dall’ambiguità berlusconiana, costruendo credibilità atlantista. Le prime mosse da premier hanno puntato proprio a questo (indifferentemente che il paese che ha istituito la NATO, gli USA, con Trump, divergessero nel giudizio sulla guerra).
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Continuità di filiera istituzionale con Draghi (sanzioni/armamenti), poi formalizzata con le proroghe dei decreti “Ucraina”. (
c) Spostamento retorico su 2014.La frase “We were wrong” rilegge il 2014 come errore di sottovalutazione (non di eccesso), legittimando ex post la linea odierna (armi+garanzie). È qui che, a mio avviso, si intravede l’ambivalenza: la Meloni-2014 denunciava l’azzardo euro-atlantico e le sanzioni “masochiste”; la Meloni-2023/25 sostiene che si è fatto troppo poco allora, quindi oggi bisogna spingere (invio di armi, accordi decennali, “pace giusta”). (, e
Ma tutto questo non basta a spiegare un ribaltamento così radicale. Nel 2014 Meloni riteneva la prudenza e il bilanciamento con Mosca scelte di buon senso; oggi, considera quella stessa prudenza come un errore imperdonabile. Non si tratta di semplice aggiornamento: è una riscrittura retrospettiva della storia.
Con Trump alla Casa Bianca: davvero “il re è nudo”Il paradosso diventa ancora più evidente ora che gli Stati Uniti, con Donald Trump e il vicepresidente J.D. Vance, aprono canali di dialogo con Putin.
Qui la mia obiezione è netta: se gli USA di Trump segnalano apertura a negoziati (o comunque un diverso posizionamento), perché Roma resta su una postura oltranzista? I fatti recenti dicono:
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Trump-Putin (Alaska 2025): vertice senza accordo; ipotizzata successiva trilaterale con Zelensky. Reazioni europee: sostegno a garanzie robuste e “pace giusta”. Meloni si colloca qui. , e
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Meloni a Washington con Zelensky e leader UE: ribadisce “unità e giustizia” e la continuità del sostegno a Kiev. (
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Schema garanzie “24 ore” (riferito da Bloomberg): segnale che l’Italia avalla un impianto deterrente forte post-accordo, non una “pace a tutti i costi”. (
Traduzione politica: anche se la Casa Bianca oggi parla con Mosca, la linea italiana (e UE mainstream) resta “negoziare sì, ma da posizione di forza”, con ombrello di garanzie e riarmo ucraino.
Eppure, in questo scenario, l’Italia continua a sostenere una “pace giusta” che, di fatto, significa militarizzazione perpetua: accordi decennali, garanzie di sicurezza, tempi di reazione di 24 ore per nuove missioni armate.
Se perfino gli Stati Uniti mostrano aperture pragmatiche, Roma rimane bloccata in una postura oltranzista che non ha più nemmeno la copertura di Washington.
Alla luce di questi fatti, si puo’ vedere chiaramente che la Meloni manifesta parecchie contraddizioni:-
Sulla coerenza. La cesura esiste ed è sostanziale: dal 2014 al 2021 Meloni criticava forzature euro-atlantiche e sanzioni; dal 2022 in poi abbraccia un atlantismo assertivo, giustificandolo con l’idea che nel 2014 l’Occidente fece troppo poco. Questa inversione non è spiegata da un semplice “aggiornamento ai fatti”, perché riscrive retroattivamente il giudizio su quale fosse l’errore del 2014.
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Sulla “ragion di Stato”. Le esigenze di credibilità internazionale (UE/NATO/G7), la competizione interna con partner di coalizione filorussi e la necessità di preservare il profilo atlantista dell’Italia spiegano molto della metamorfosi. Ma non assolvono l’ambivalenza comunicativa: l’enfasi su “pace giusta” convive con invii d’armi, accordi decennali e garanzie potenzialmente escalatorie.
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Sulla tesi “la guerra inizia nel 2014”. È una lettura fondata storiograficamente e condivisa da studiosi come Sachs; proprio per questo, sarebbe stato coerente aspettarsi una narrativa italiana più schietta sulle responsabilità multilivello (colpi di mano, Donbass, Minsk, ecc.). L’attuale frame governativo, invece, mantiene l’asse “pace sì, ma solo se giusta”, evitando una vera revisione critica degli errori NATO/UE pre-2022 che la stessa Meloni denunciava nel 2014.
La vicenda Salvini-Macron è solo la punta dell’iceberg. Dietro l’episodio folkloristico — che pure ha avuto il merito di dire a voce alta ciò che pensano molti italiani — si nasconde una questione più profonda: la coerenza (o incoerenza) della politica estera italiana.
Giorgia Meloni, che nel 2014 denunciava le sanzioni “masochiste” e le forzature atlantiste, oggi si è trasformata in paladina di armi, garanzie di sicurezza e “pace giusta”. Una metamorfosi che si può giustificare come ragion di Stato, ma che in realtà appare come un vero capovolgimento.
La “cesura” c’è ed è politica, non solo morale. Che oggi gli USA (Trump) spingano al negoziato non modifica la linea di Roma: garanzie dure e deterrenza come condizione per qualsiasi accordo.
Il risultato è che la verità viene piegata alle esigenze del momento. Non più errori di eccesso, ma di difetto. Non più prudenza, ma escalation. Non più equilibrio, ma oltranzismo.
La realtà, però, è un’altra: il re è nudo. E la politica italiana, anziché riconoscerlo, continua a recitare un copione che non convince più nessuno.
Documentazione di riferimento:-
2014 – Critiche a sanzioni e allargamento UE/NATO: video e ricostruzioni. (,
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2024 – Accordo bilaterale di sicurezza Italia-Ucraina (testo). (
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2025 – Washington: “unità e giustizia”; cornice colloqui con Trump. (,
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2025 – Schema garanzie con decisione “entro 24 ore” (Bloomberg). (
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2014→ – Lettura storiografica “la guerra inizia nel 2014” (Jeffrey Sachs). (e
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