Tajani si smarca da Salvini: «I rapporti con la Francia li teniamo io e Meloni. Ma non invieremo le nostre truppe a Kiev»
-U76663258840fTe-1440x752%40IlSole24Ore-Web.jpg%3Fr%3D1170x507&w=1920&q=100)
La tensione tra Francia e Italia dopo l’attacco del vicepremier e leader leghista Matteo Salvini al presidente Emmanuel Macron sulle truppe in Ucraina («Macron s’attacca al tram, si metta l’elmetto e ci vada lui»)? «La politica estera la fanno il presidente del Consiglio e il ministro degli Esteri. Se si devono far valere delle ragioni, si vince con la forza delle idee, non con la violenza delle parole». La proposta del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti di utilizzare i profitti delle banche derivanti dal calo dello spread per aiuti alle famiglie? «La caccia alla banca significa dare la caccia al sistema industriale e imprenditoriale italiano. No a blitz o operazioni strane». Salvini continua a parlare genericamente di pace sorvolando sulle garanzie per Kiev? «In queste ore con i miei colleghi del G7 abbiamo dato un forte segnale politico di sostegno al ministro degli Esteri ucraino per raggiungere una pace giusta e duratura, fondata sulle decisioni sovrane ucraine. Lavoriamo per solide garanzie di sicurezza, che dovranno favorire la pace e la stabilità in Europa».
Antonio Tajani si presenta al Meeting di Rimini, come ormai da tradizione, con la ferma intenzione di ribadire tutti i paletti di Forza Italia nei confronti dell’alleato leghista. E il duello a distanza tra i due vicepremier è destinato a durare ancora, visto che Salvini è atteso a Rimini per martedì. Il tutto mentre la premier Giorgia Meloni, che fonti di Palazzo Chigi descrivono irritata dalle nuove uscite antifrancesi di Salvini a pochi giorni dal vertice di Washington sull’Ucraina e in generale dai toni del dibattito politico all’interno della maggioranza, resta ancora qualche giorno nel suo buen retiro pugliese prima di riprendere le attività chiudendo a sua volta la sfilata dei politici al Meeting mercoledì sera.
Partiamo dalla politica estera, di cui Tajani è responsabile. I distinguo da Salvini non arrivano naturalmente, in linea con la strategia della stessa Meloni, a sposare la linea di Macron. Il no alle truppe italiane in Ucraina resta, ma resta anche la proposta di estendere all’Ucraina l’articolo 5 della Nato e dunque la disponibilità a intervenire con gli alleati in caso di attacco. «Si stanno facendo dei passi in avanti anche nella proposta italiana di avere una garanzia modello art.5 della Nato, con la presenza americana - dice Tajani -. Noi non siamo per inviare truppe ma potremmo dare un contributo importante vista la grande esperienza che abbiamo per lo sminamento sia marittimo che terrestre. Poi si vedrà come andranno le cose. Si sono fatti dei passi in avanti anche dal punto di vista del coordinamento su questo tipo di ipotesi». Quanto all’incidente con Macron, che dopo l’attacco di Salvini ha convocato l’ambasciatrice italiana a Parigi, Tajani prova a gettare acqua sul fuoco: «Non c’è nessuna crisi diplomatica con la Francia, con il mio omologo Jean-Noël Barrot mi sono parlato a lungo ieri, abbiamo preparato il G7 degli Esteri. Mi pare sia giusto ricordare che le relazioni di politica estera le tengono presidente del Consiglio e ministro degli Esteri e i colloqui tra la premier e il presidente francese così come i miei con il ministro degli Esteri francese sono frequenti».
Sul fronte economico, così come già accaduto nei mesi scorsi di fronte alle ipotesi di una tassa sugli extraprofitti delle banche, il muro di Tajani è altrettanto alto. «Le banche sono imprese, non credo serva dare “pizzicotti” alle banche ma serve parlare con loro, perché un Paese come il nostro non può fare a meno di un sistema bancario forte. Devono pagare le tasse come tutti gli altri, ma sono contrario al principio degli extraprofitti». E ancora: «Attenzione: la caccia alla banca significa dare la caccia al sistema industriale e imprenditoriale italiano». Lo stesso vale «per le casse di previdenza» dei professionisti che «finché ci sarà Forza Italia al governo non entreranno mai nell’Inps». Un progetto che al momento non sarebbe nei piani, mentre starebbe maturando sul fronte previdenziale la sterilizzazione dell’età pensionabile, che senza alcun intervento aumenterebbe di tre mesi nel 2027. «Ne ho parlato con Giorgetti, c’è la sua disponibilità a inserire il provvedimento nella legge di Bilancio», fa sapere il sottosegretario leghista al Lavoro Claudio Durigon, anche lui alla kermesse di Cl.
ilsole24ore