Legge speciale per Roma, come riformare il Concordato con la Chiesa Cattolica: un proposta di buongoverno

La proposta di buongoverno nazionale
Una proposta di buongoverno nazionale che potrebbe innescare riforme (almeno) economico finanziarie della Città del Vaticano

L’adozione di una legge speciale per Roma Capitale potrebbe, cioè dovrebbe, porre all’attenzione delle istituzioni la necessità di riformare, radicalmente, il Concordato con la Chiesa Cattolica. Il quotidiano appello a dotare di uno stato un popolo che non l’hai mai avuto offre l’opportunità di una riflessione strutturale sul ruolo e funzioni – e utilità per chi ci vive – della sovranità statuale assoluta e, magari, anche sulla peculiarità di uno Stato senza popolo: la Santa Sede.
Affidare alla Capitale della Repubblica italiana, uno Stato con sovranità non assoluta poiché membro dell’Onu e Unione europea, la possibilità di legiferare su più materie dovrebbe suggerire una revisione di quanto concesso da 100 anni a un suo quartiere riconosciuto internazionalmente come Stato, che però non ha ratificato i principali strumenti internazionali diritti umani, che ha sovranità assoluta e gode di ampie eccezioni su più materie e, come non si ricorda mai, che fa gravare buona parte dei suoi costi di gestione sulle casse dello Stato ospitante. La “efficace” gestione del Giubileo 2025 – efficiente per quanto riguarda (forse) la qualità dell’ospitalità di milioni di pellegrini, ma del tutto insoddisfacente per quanto riguarda la qualità per chi invece in quella città ci vive tutto l’anno. Basta l’arrivo a Termini o Fiumicino per rendersi conto che i problemi non sono solo legati all’aumento di presenze, ma alla precaria realizzazione di promesse di ristrutturazioni, rinnovamenti, ampliamenti ed efficientamenti di infrastrutture spesso fatiscenti. A cosa servono poteri speciali se poi occorrono “grandi eventi” per far accadere qualcosa?
Si liquiderà la proposta come tipica provocazione dell’anticlericalismo ottocentesco, anche se fosse, ma non lo è, si tratterebbe di una nota di merito perché in linea con alcune delle più quadrate e ispirate tradizioni politico-culturali che hanno conquistato l’unità d’Italia – avvenuta per l’appunto il 20 settembre del 1870 e non quando il “regime” patriota l’ha fissata per legge… E’ una proposta di Buongoverno. Buongoverno nazionale che potrebbe innescare riforme (almeno) economico-finanziarie della Città del Vaticano. Un conseguente ulteriore elemento di adeguamento alle necessità di trasparenza e attenzione alle casse dello Stato italiano, sia dal punto di vista della quantità che della qualità della spesa pubblica, sarebbe poi (almeno) quello dell’abrogazione del sistema della redistribuzione automatica dell’inespresso dell’8×1000. Infatti, come non si sa, da una ventina d’anni l’ammontare che non viene esplicitamente destinato a una delle varie denominazioni religiose riconosciute dallo Stato, o allo Stato stesso che non fa pubblicità per sé, viene redistribuito sulla base delle percentuali espresse. Se il 30% di chi paga le tasse sceglie al 70% la Chiesa cattolica, cioè la Conferenza episcopale italiana, la cifra che questa riceverà sarà il 70% del totale dell’8×1000 dei contribuenti, che per la CEI fa un miliardo l’anno!
In Italia si ritiene volgare mischiare certi argomenti – specie se di mezzo ci sono (anche) opere di bene – ma un paese col debito pubblico tra i più alti del mondo, senza prospettive di crescita economica, con una popolazione che tocca picchi di inattività lavorativa impressionanti sia per motivi demografici che di scarsità di opportunità d’impiego ritenuto insoddisfacente, non può esimersi dal passarsi, laicamente, una mano nel portafoglio e fare due conti – per esempio, era forse necessario assumere oltre 6000 insegnanti di religione nel momento in cui ci sono decine di migliaia di precari nella pubblica istruzione? O in cui il bilancio per la ricerca pubblica nazionale è un decimo (se va bene) di un istituto privato tedesco? O in un’era in cui chiese, seminari e conventi sono o vuoti o senza vocazioni made in Italy?
Gli ultimi tre papi hanno fatto (forse) del loro meglio per avviare riforme relative alle istituzioni bancarie e finanziarie vaticane; la mancanza di trasparenza e l’incertezza della giurisdizione (più che del diritto) non pare abbiano fatto raggiungere lo scopo prefissato. Le casse vaticane sono in rosso e spesso crimini commessi dal clero continuano a non essere perseguiti penalmente in spregio allo Stato di Diritto e in offesa alle vittime. Se per riportare alla ragione il legislatore, già pronto all’unanimità, occorrerà scomodare qualche pensiero anticlericale occorrerà farsene una ragione. Nel Paese che, come denunciava Marco Pannella, non ha conosciuto la Riforma ma solo controriforme, scomodare pensatori e patrioti dell’Ottocento per affrontare la realtà del Terzo Millennio mi pare addirittura troppo poco. Chi lo farà?
l'Unità