La Cina è già in testa alla corsa all'intelligenza artificiale con 1.500 modelli

In una sorprendente svolta nella corsa tecnologica globale, nuovi dati ufficiali rivelano che la Cina ha sviluppato oltre 1.500 modelli di intelligenza artificiale (IA) su larga scala. Questa cifra rappresenta il 40% del totale globale, posizionando Pechino come leader indiscusso in termini di numeri e segnalando un cambio di potere che è passato in gran parte inosservato.
Mentre l'attenzione dei media si è concentrata sui progressi dell'intelligenza artificiale generativa negli Stati Uniti, la Cina ha messo in atto una strategia su larga scala che l'ha catapultata al vertice della corsa mondiale all'intelligenza artificiale, almeno per quanto riguarda un parametro cruciale: il numero di modelli sviluppati.
Secondo un rapporto dell'Accademia cinese delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (CAICT), un'istituzione governativa, la Cina dispone ora di oltre 1.500 modelli di intelligenza artificiale su larga scala, su un totale globale di 3.755. Questa predominanza numerica è un chiaro indicatore dell'ambizione di Pechino e della sua capacità di operare nel settore tecnologico più determinante della nostra epoca.
I dati presentati al forum internazionale di Shanghai vanno oltre i modelli di intelligenza artificiale e tracciano il quadro di un ecosistema tecnologico in pieno svolgimento:
- Leadership del modello: la Cina possiede circa il 40% di tutti i principali modelli di intelligenza artificiale a livello mondiale.
- Ecosistema aziendale: il Paese ospita oltre 5.100 aziende focalizzate sull'intelligenza artificiale, pari al 15% del totale mondiale.
- Unicorn Factory: di queste aziende, 71 sono considerate "unicorni" (valutate più di 1 miliardo di dollari), rappresentando il 26% di tutti gli unicorni dell'intelligenza artificiale del pianeta.
Yu Xiaohui, presidente del CAICT, ha affermato che "l'ecosistema dell'IA in Cina ha preso forma", evidenziando la rapida evoluzione dai modelli di base alle applicazioni pratiche. Non si tratta semplicemente di una corsa alla quantità, ma di una strategia deliberata per industrializzare l'IA a una velocità e su una scala senza precedenti.
La strategia cinese non si concentra sulla creazione di un singolo "ChatGPT killer", ma piuttosto sulla promozione di un ambiente ipercompetitivo in cui migliaia di modelli vengono testati, applicati e perfezionati in un'ampia gamma di settori. Gli unicorni cinesi più innovativi si concentrano su aree critiche come:
- Principali modelli linguistici
- Guida autonoma
- Robotica intelligente
- Chip per computer
Questo approccio del tipo "la quantità ha la sua qualità" potrebbe consentire alla Cina di accelerare l'integrazione pratica dell'intelligenza artificiale nella sua economia molto più rapidamente rispetto all'Occidente, che spesso si concentra su scoperte più teoriche e su un numero inferiore di modelli di altissimo profilo.
Questo progresso tecnologico è parte di una lotta ideologica su come governare l'IA. Il premier cinese Li Qiang ha proposto che l'IA diventi un "bene pubblico internazionale" e ha sostenuto la creazione di un organismo globale per prevenire i "monopoli tecnologici" e promuovere la cooperazione. Questa posizione contrasta con quella degli Stati Uniti, che si sono concentrati sulla riduzione delle normative per accelerare l'innovazione nelle proprie aziende.
La rivelazione di queste cifre potrebbe rappresentare un "momento Sputnik" per l'Occidente, un campanello d'allarme sul rischio di rimanere indietro non nella ricerca fondamentale, ma nell'applicazione industriale di massa dell'intelligenza artificiale. La questione non è più se la Cina diventerà una superpotenza dell'intelligenza artificiale, ma cosa significhi il suo status attuale per il mondo.
La Verdad Yucatán