Viti arrugginite, sabbia e biglietti inseriti negli organi riproduttivi. L’inferno delle donne del Tigray

Decine di migliaia di donne torturate con oggetti metallici inseriti nei loro organi riproduttivi per renderle sterili e impedire così la nascita di discendenti. Una strategia genocida che ha trasformato i corpi femminili in campi di battaglia etnica. È l'atroce denuncia che nasce da un'inchiesta del Guardian e che arricchisce di un'ulteriore pagina di orrore la storia del conflitto che da anni, nel silenzio e nel disinteresse della comunità internazionale, si sta consumando in Etiopia ai danni delle donne del Tigray.
Donne come come Tseneat che, dopo la violenza di gruppo subita da sei soldati appena qualche settimana dopo aver messo al mondo due gemelli, ha convissuto per due anni con dolori atroci fino a quando ha scoperto di avere nell'utero otto viti arrugginite, un tagliaunghie di acciaio e un messaggio scritto a penna e avvolto nella plastica. “Figli dell’Eritrea, siamo coraggiosi – recita il biglietto – Ci siamo impegnati in questo e continueremo a farlo. Renderemo sterili le donne tigrè”. Un messaggio che è il manifesto politico ed ideologico di un crimine contro l'umanità.
Tseneat è solo una delle decine di migliaia di donne tigrè sottoposte alle forme più estreme di violenza sessuale, in attacchi progettati per distruggere la loro fertilità. Cartelle mediche e radiografie ottenute da The Guardian e revisionate da specialisti medici indipendenti mostrano un pattern sistematico di casi in cui alle donne sono stati inseriti corpi estranei negli organi riproduttivi, tra cui chiodi, viti, rifiuti di plastica, sabbia, ghiaia e lettere. "D’ora in poi, nessun tigrè darà alla luce un altro tigrè”, si legge in un biglietto recuperato dall’utero di un’altra donna.
Il conflitto nel Tigray è scoppiato nel novembre 2020 quando il governo federale etiope guidato dal primo ministro Abiy Ahmed ha lanciato un’operazione militare contro il Fronte di Liberazione del Popolo del Tigray (Tplf), che aveva dominato la politica etiope per quasi trent’anni prima dell’ascesa di Abiy al potere nel 2018. La guerra è iniziata dopo che il Tplf ha insistito per organizzare elezioni regionali autonome nel settembre 2020, sfidando la decisione del governo federale di rimandare le elezioni nazionali a causa della pandemia di Covid-19.
La denuncia del Guardian conferma quanto raccolto da Amnesty international in un rapporto che risale addirittura al 2021, quando l'ong aveva lanciato un appello al Primo Ministro Abiy Ahmed di agire ora per garantire giustizia e riparazione per le sopravvissute alla violenza sessuale. Amnesty aveva intervistato 63 sopravvissute a stupri e altre violenze sessuali nel conflitto del Tigray. Dodici di queste persone hanno raccontato di esser state stuprate ripetutamente per giorni, in alcuni casi per settimane. Cinque erano incinte all’epoca dei fatti. La sopravvissuta più giovane di cui è stato riportato lo stupro aveva 10 anni, la più anziana 62.
Ecco alcune testimonianze raccolte. Etsegenet, una ragazza di 16 anni della Divisione, è stata rapita e tenuta prigioniera ad Adebai dai soldati etiopi mentre fuggiva con la madre ei fratelli. È stata portata in una casa dove un ufficiale della Difesa Nazionale Etiope l’ha stuprata mentre altri tre uomini aspettavano fuori. Ha preso la sua verginità e l’ha lasciata agli altri tre uomini che hanno continuato a stuprarla a turno. L’hanno tenuta segregata in quella casa per tre giorni dove hanno ripetutamente continuato a violentarla. Solo dopo tre giorni e in piena notte, l’hanno lasciata andare.
Letay, una donna di 20 anni, è stata aggredita nella sua casa da uomini di lingua amarica, armati e vestiti da una combinazione uniformi e abiti civili. Hanno finto di cercare armi e hanno fatto uscire di casa i suoi genitori e i suoi fratelli mentre lei dormiva in una stanza. Letay si è svegliata a causa del rumore che stavano facendo. I tre uomini sono entrati nella sua stanza, lei non ha urlato. Le hanno fatto segno di non fare rumore o l’avrebbero uccisa. L’hanno violentata uno dopo l’altro. “Ero incinta di quattro mesi. Non so se si sono resi conto che ero incinta. Non so se si sono resi conto che fossi una persona”, ha detto Letay ad Amnesty International.
Le strutture sanitarie del Tigray hanno registrato 1.288 casi di violenza di genere tra febbraio e aprile del 2021. Il solo ospedale di Adigrat ha registrato 376 casi di stupro dall’inizio del conflitto al 9 giugno. Questi numeri non rappresentano la reale dimensione di questi crimini, dato che molte sopravvissute hanno detto ad Amnesty International di non essersi rivolte ad alcuna struttura sanitaria.
“I resoconti di violenza sessuale contro donne e ragazze nel Tigray” denuncia Amnesty, “hanno molte somiglianze: tutti mostrano l’intenzione di infliggere danni fisici e psicologici duraturi alle sopravvissute. Soldati e milizie hanno sottoposto donne e ragazze tidrine a stupri, stupri di gruppo, schiavitù sessuale, mutilazioni sessuali e altre forme di tortura, spesso usando insulti etnici e minacce di morte”. “È tempo di porre fine all’uso della violenza sessuale nel conflitto del Tigray. È tempo che i colpevoli vengano identificati e denunciati come responsabili” conclude Amnesty. Da allora, evidentemente nulla è stato fatto.
Luce